WASHINGTON - La tragedia che ha sconvolto Hollywood entra nelle aule di tribunale. Nick Reiner, 32 anni, è stato formalmente incriminato per l’omicidio di primo grado del padre, il celebre regista Rob Reiner, e della madre, la fotografa Michele Singer. Sull’uomo pende l’aggravante dei pluriomicidi, un’accusa che potrebbe costargli l’ergastolo senza condizionale o, teoricamente, la pena di morte. 

Dopo un rinvio dovuto a condizioni mediche non specificate, l’udienza procedurale dovrebbe tenersi oggi. Secondo l’avvocato difensore Alan Jackson, lo stato di salute del giovane - che lotta da anni contro la tossicodipendenza - è monitorato giorno per giorno per determinare la sua idoneità a comparire davanti al giudice e dichiararsi colpevole o innocente. 

Il procuratore distrettuale di Los Angeles, Nathan Hochman, ha definito il caso “straziante” per la natura intima e brutale del crimine. Sebbene in California viga una moratoria sulle esecuzioni dal 2019, la pena capitale resta un’opzione legale su cui l’ufficio del procuratore non ha ancora sciolto la riserva, promettendo di consultare i familiari delle vittime prima di decidere. 

Un filmato esclusivo diffuso da ABC News mostra Nick Reiner pochi istanti prima del fermo, avvenuto domenica sera nei pressi della University of Southern California (USC). Nel video, il 32enne appare incredibilmente calmo e disinvolto: indossa jeans, una giacca a righe, un cappellino da baseball e uno zaino rosso. Il filmato lo ritraggono mentre entra in una stazione di servizio per acquistare una bibita, pochi istanti prima di essere bloccato dagli agenti senza opporre resistenza. 

Le indagini si concentrano sulle ore precedenti al delitto. Sabato sera, la famiglia aveva partecipato a una festa dove Nick avrebbe dato spettacolo con comportamenti “incostanti e molesti”, mettendo a disagio gli ospiti e provocando un acceso litigio con il padre, culminato nell’allontanamento anticipato dei Reiner dal party. Un tragico epilogo per una coppia descritta da Michelle Obama - che avrebbe dovuto incontrarli proprio quella domenica sera - come “dignitosa e coraggiosa”. 

La storia di Nick Reiner è segnata da un lungo calvario legato alla droga. Ha seguito ben 18 programmi di riabilitazione fin dall’adolescenza, alternando periodi di convivenza con i genitori a momenti di totale deriva, vivendo come senzatetto o nei rifugi. 

In un podcast del 2018, Nick aveva confessato di aver abusato di sostanze pesanti proprio tra le mura della casa di Brentwood durante crisi di astinenza e insonnia. Da questa dolorosa esperienza era nato il film “Being Charlie” (2015), diretto dal padre Rob e co-sceneggiato dallo stesso Nick, un tentativo cinematografico di elaborare il dramma della tossicodipendenza di un figlio d’arte che, purtroppo, non è bastato a evitare la tragedia finale.