ROMA – Per la Cassazione, Amanda Knox aveva piena consapevolezza dell'estraneità di Patrick Lumumba al delitto di Meredith Kercher, e non fece nulla per correggere o ritirare l’accusa, nemmeno quando avrebbe potuto farlo davanti a un giudice nell’udienza di convalida. 

La presenza di Knox nella casa la sera dell’omicidio rafforzerebbe, secondo i giudici, il convincimento della sua piena consapevolezza dell’innocenza di Lumumba, e il movente della calunnia coinciderebbe con il tentativo di allontanare da sé i sospetti, essendo stata in casa al momento del delitto e avendo le chiavi per accedervi, a fronte del fatto che l’autore del crimine non dovette forzare l’ingresso. 

Le motivazioni emergono dalla sentenza con cui la Cassazione ha confermato la condanna all’americana di tre anni di reclusione per calunnia nei confronti di Lumumba, pena già scontata. 

Il collegio rileva che, in alcune conversazioni intercettate in carcere il 10 novembre 2007, Knox avrebbe espresso rammarico per aver compromesso la posizione di Lumumba, al quale riteneva di dovere delle scuse per avergli rovinato la vita. 

La sentenza impugnata, secondo i giudici, ha fornito una motivazione ampia e una valutazione di merito esaustiva e coerente, ritenendo che il memoriale scritto da Knox in questura fosse un atto oggettivamente calunnioso.  

Infine, la Corte sottolinea che il reiterato coinvolgimento di Lumumba da parte di Knox, anche nel memoriale dal contenuto confuso, contribuì all’adozione di un provvedimento giudiziario che, fino alla dimostrazione dell’alibi, ne limitò la libertà personale. 

“È arrivato il momento in cui Amanda Knox può guardare indietro e se intende difendere le vittime della giustizia deve cominciare a farlo con me”, avrebbe detto Patrick Lumumba commentando la motivazione della sentenza. 

Avendolo accusato del coinvolgimento nell'omicidio di Meredith Kercher, per il quale è risultato poi totalmente estraneo e prosciolto, l’uomo ha passato 14 giorni in carcere.