Ovvero nei due turni che sulla carta avrebbero dovuto rilanciarne le ambizioni. Pesano gli 11 pareggi. Parlare di scudetto appare al momento fuori luogo: troppi i 9 punti dall’Atalanta capolista. Per quattro volte la Juve non ha saputo gestire il vantaggio: segna poco, non sa imporsi, commette errori incredibili in fase difensiva. Con tutto il rispetto per Giuntoli, le scelte di mercato sono opinabili. Vlahovic è sempre circondato dagli avversari perché gli esterni, e non solo, entrano raramente in area: più di Gonzales serviva una seconda punta. A metà campo manca la luce, e Douglas Luiz, pagato 50 milioni, non può vegetare in panchina. Curioso che McKennie sia diventato titolare dopo aver rischiato la cessione; assurdo cedere Rovella, più forte di tutti gli altri centrocampisti. Dietro, l’assenza di Bremer è devastante. Quanto a Motta, non ha ancora trovato la chiave per sfruttare al meglio Koopmeiners. Ne viene una manovra lenta, prevedibile, fragile in fase d’interdizione. C’è molto da fare. E il battibecco di Vlahovic con la curva non è un bel sintomo.
In vetta cambia la geografia. C’è l’Atalanta che sa vincere le cosiddette partite sporche, anche quando non va a mille. Di suo Gasperini ci mette la capacità di individuare e sfruttare al meglio le caratteristiche dei suoi giocatori oltre all’autorità con cui governa lo spogliatoio. Basta ricordare come ha rivoltato Zaniolo per l’esultanza esagerata che gli è costata l’ammonizione e l’egoismo mostrato in una ripartenza. Si parla della Dea come d’una provinciale. Lo è per la dimensione territoriale, non per i comportamenti che sono da grande club anche sul mercato.
In attesa di Lazio-Inter, il Napoli ha ripreso a correre riscattando sul campo dell’Udinese le due sconfitte rimediate con la Lazio in Coppa Italia e in campionato: dopo un primo tempo moscio, si sono visti gli atteggiamenti graditi a Conte. Fra i tanti il tecnico ha elogiato il ventisettenne brasiliano Neres, più di una semplice alternativa a Kvaratskhelia e Politano. La Fiorentina s’è fermata a Bologna dove Italiano ha festeggiato come un bambino la vittoria sulla sua ex squadra suscitando la reazione del ds viola Pradè. Nella Roma, battuta a Como, funziona poco o niente.
Sul Milan stendiamo un velo pietoso nonostante le buone prove dei giovani Liberali, Jimenez e Camarda. All’attivo una traversa di Morata. Poi millanta errori di fronte a un Genoa che ha chiuso ogni spazio e conquistato un punto d’oro. E la partita s’è chiusa fra i fischi come sabato sera a Torino, sponda Juve.