Sabato scorso, l’Australian National Maritime Museum ha ospitato una cerimonia emozionante in occasione del 25° anniversario del Monumento Nazionale alla Migrazione, noto come Welcome Wall. Con 686 nuovi nomi incisi sul muro, provenienti da 47 paesi diversi, l’evento ha onorato i migranti che hanno scelto l’Australia come loro nuova casa, contribuendo alla crescita e alla diversità culturale del Paese.
Alla cerimonia hanno preso parte diverse figure di spicco, tra cui il console generale d’Italia a Sydney, Gianluca Rubagotti, che ha sottolineato l’importanza di mantenere viva la memoria delle comunità italiane e degli altri migranti. Rubagotti ha reso omaggio al sacrificio di queste famiglie, che con il loro impegno e perseveranza hanno arricchito la società australiana.
Tra i partecipanti, si è distinta la storia della famiglia Falcone, raccontata dalla nipote Stefani Falcone, la quale ha condiviso un tributo commovente ai nonni Vincenzo e Graziella, la cui migrazione dall’Abruzzo all’Australia è un esempio di grandissimo coraggio.
Nel suo racconto, Stefani ha condiviso la storia della sua famiglia, iniziando dal periodo pre-bellico a Francavilla al Mare, in provincia di Chieti. “La vita a Francavilla prima della guerra era molto più semplice” ha ricordato Stefani. La nonna Graziella proviene da una grande famiglia contadina, con 29 cugini che vivevano sulla stessa terra, divisa tra quattro fratelli e tre sorelle. Graziella ha trascorso l’infanzia lavorando la terra e aiutando la famiglia. Fin dall’età di nove anni aveva la responsabilità di fare pasta fresca ogni giorno e di tenere in ordine la casa. Le festività religiose e le sagre per la raccolta dei frutti della terra erano momenti speciali, attesi con ansia, in cui la famiglia si riuniva per celebrare e vendere i prodotti al mercato del villaggio. “Nonna e la sua famiglia attendevano con impazienza Pasqua e Natale, per gustare i dolci fatti dalla mamma e dalle zie”, ha ricordato Stefani.
La vita del nonno Vincenzo era diversa. Da bambino, fin dall’età di sei anni, Vincenzo contribuiva al sostentamento della famiglia raccogliendo pietre e ciottoli con una carriola, materiali che venivano venduti per essere usati nelle fondamenta di cemento. “Era il suo modo di sostenere la famiglia fin da piccolo”, ha spiegato Stefani. La decisione di emigrare nacque dalla disperazione, in seguito alla devastazione della Seconda Guerra Mondiale. Vincenzo aveva considerato altre destinazioni come il Canada e gli Stati Uniti, ma la presenza di un cugino a Sydney lo convinse a scegliere l’Australia.
Questo cugino, che più tardi sarebbe tornato in Italia, gli vendette la casa a Five Dock, che divenne la residenza della famiglia Falcone e il simbolo delle loro radici in Australia.
Arrivato in Australia nel 1954, Vincenzo trovò lavoro nel progetto delle Snowy Mountains, un’impresa ardua e pericolosa. Lavorava nelle miniere, gestendo esplosioni con dinamite per scavare tunnel. “Era un lavoro laborioso e claustrofobico - ha raccontato Stefani -. Molti uomini persero la vita e recenti scansioni ai polmoni di mio nonno hanno rivelato tracce di polvere e particelle di roccia rimaste nel corpo”.
Tornato in Italia nel 1961, Vincenzo ha sposato Graziella, e l’anno successivo hanno deciso insieme di tornare in Australia, stabilendosi appunto a Five Dock, dove hanno trovato una comunità italiana vivace e accogliente. Vincenzo e Graziella si unirono subito alla parrocchia locale di All Hallows, dove Vincenzo servì per decenni, aiutando nella pulizia della chiesa, guidando il gruppo di preghiera e partecipando a ogni messa. “Nonno ha servito la parrocchia fino ai suoi 90 anni - ha sottolineato Stefani con orgoglio - un legame profondo con la fede e le tradizioni italiane che ha mantenuto per tutta la vita”.
La famiglia Falcone è riuscita a preservare molte delle tradizioni italiane, forse anche più rigidamente di quanto avrebbero fatto se fossero rimasti nel poprio Paese. “In casa nostra si parla solo italiano - ha detto Stefani -. I miei nonni continuano a coltivare l’orto, a fare il vino, la salsa di pomodoro e i biscotti a partire da zero”. La cultura italiana, da sempre, radicata nella loro vita quotidiana, faceva sentire la sua presenza dalla musica alle feste religiose, e anche attraverso il telegiornale dall’Italia, che era una presenza costante nella loro casa.
Graziella, come ha ricordato Stefani, ha sempre sofferto la separazione dalla famiglia rimasta in Italia. Il momento più difficile per lei è stato affrontare da sola, in un paese straniero, le gravidanze e i controlli medici, senza il supporto della madre. “La perdita improvvisa della sorella, avvenuta quando nonna aveva 39 anni, fu, per lei, un colpo devastante - ha raccontato ancora Stefani -. È stato in quel momento che ha sentito maggiormente la mancanza della famiglia e il senso di colpa per non essere stata presente”.
Stefani ha raccontato di come la sua infanzia sia stata permeata dalla cultura italiana, ricordando i momenti passati insieme a calpestare l’uva per fare il vino di famiglia e a celebrare la giornata della salsa di pomodoro, un rito annuale. La casa dei Falcone a Five Dock rimane il fulcro della loro famiglia, un luogo dove oggi si riuniscono quattro figli, sette nipoti e un pronipote, con altri due in arrivo. Nel concludere il suo discorso, Stefani ha riflettuto su quanto i suoi nonni abbiano influenzato profondamente la sua vita. “Io sono chi sono grazie a loro - ha detto -. Sono cresciuta con loro e loro mi hanno insegnato sia l’italiano che il dialetto abruzzese e mi hanno trasmesso i valori che porto con me oggi”.
Daryl Karp, direttore e CEO del museo, ha sottolineato il valore del Welcome Wall come simbolo di rispetto e riconoscenza verso le migliaia di storie di migrazione che hanno contribuito a plasmare l’Australia moderna. “Questi 686 nomi, provenienti da 47 diversi paesi, arricchiscono la nostra collezione di storie migratorie qui al museo - ha affermato -. Il monumento celebra la lunga storia di migranti che hanno plasmato l’Australia moderna”.
La storia dei Falcone, e quella di altre famiglie commemorate sul Welcome Wall, rappresenta la bellezza della forza e della fede, valori che uniscono generazioni di migranti ancora oggi e rafforzano il legame con le proprie radici italiane. L’eredità di Vincenzo e Graziella Falcone è ora un capitolo indelebile del monumento alla migrazione in Australia, simbolo di sacrificio e amore tramandato di generazione in generazione.