Il bambino, 16 mesi, cammina con notevole equilibrio, per l’età. Tiene in mano una palla morbida di circa dieci centimetri. Osserva concentrato il piccolo canestro che il papà ha fissato al muro, all’altezza delle sue manine alzate. Si avvicina e mette dentro la palla con precisione. Sorride soddisfatto mentre si volge a guardare il padre. Il «bravooooo» del papà, attento e affettuoso, gli fa scintillare gli occhi mentre riprende la palla e riprova. In un altro video lo vedo ballare sorridendo, al ritmo di un libretto musicale, insieme alla sorellina di quattro anni. In un terzo filmato la mamma legge una fiaba con i due bambini seduti vicini sul divano, uno per parte, la piccola tutta attenta alle parole, il bimbo con l’aria più sognante, mentre si gusta la voce musicale della mamma. Quel “bagno di dolci parole” che accarezza e avvolge il bambino come la più tenera e amata delle musiche, come diceva Myriam de Senarclens, grande psicoanalista svizzera.

Quanti genitori oggi dedicano tempo a giocare insieme con i propri figli? Quanti costruiscono per loro piccoli giochi che ne possano stimolare i molti talenti, motori ed emotivi? Quanti leggono loro le fiabe, come dolce liturgia anche per addormentarli? In nessun filmato ho visto un telefonino in mano ai bambini. Ho seguito la signora per 15 anni per un’endometriosi severa, ben controllata, e nelle due gravidanze. Quando viene al controllo mi assaporo anche quei brevi video perché mostrano come una coppia affettuosa e motivata possa educare al meglio i propri figli, in modo felice, costruttivo e maieutico.

«Ci piace vedere che ogni giorno i nostri piccoli imparino qualcosa di nuovo», mi racconta la signora. «Il piccolo osserva la sorellina (grazie ai neuroni specchio!) e poi cerca di fare quello che fa lei. Se ci riesce ride. Sennò la guarda e le dice “povo ancoa”, provo ancora», continua la signora. «Lui parla poco, ma quella è un’espressione che gli piace. È tenace. Prova, così piccolo, finché ce la fa. E allora bisogna vedere l’aria soddisfatta che ha. E la piccola è tutta contenta di fargli vedere i giochi o le recite che fa all’asilo, e poi di insegnargli a fare gli stessi giochi insieme».

Quanti neuroni sono accesi e felici nei cervelli di quei fortunati bambini? Quante connessioni si creano fra le diverse aree cerebrali? Osservare filmando e provare a fare imitando sono le chiavi di un cervello dinamico, a tutte le età. Del crescere bene, restando ancorati alla vita vera, soprattutto nell’insidiosa fase dell’adolescenza. Dell’entusiasmarsi nel gioco e poi nel lavoro manuale o nella chirurgia, nello sport come nella musica. 

Un cervello dinamico (“dynamic brain”), ben abitato da nuovi stimoli quotidiani, è il requisito base per una vita appassionante fin da piccoli. Un cervello attivo è il primo anti-noia, perché aiuta a esprimere il meglio di sé nell’arco dell’esistenza, nel sognare, nel progettare, nel mettersi alla prova, accettando le molte sfide del vivere, nel fare e nel realizzare.

Sul fronte opposto, ecco lo sfascio, quando il cervello è intossicato e avvelenato da overdose di materiale online considerato “trivial”, banale, o “unchallenging”, non stimolante. Stato tossico, ben indicato dal termine “brain rot”, marciume cerebrale, che quest’anno è stato il più votato da oltre 37.000 lettori inglesi. Lo hanno scelto come “Parola dell’anno 2024” fra sei parole emblematiche, selezionate da una ricerca precedente dalla Oxford University Press, editore dell’Oxford English Dictionary, l’autorevole dizionario di lingua inglese. A ogni età, e non solo fra gli adolescenti, il “brain rot” indica «il probabile deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, come risultato di un consumo eccessivo di materiale, soprattutto online, banale e non stimolante».

Quali sono gli antidoti per ridurre i danni anatomici e funzionali, quella tragica e irreparabile distruzione cerebrale, associata al “brain rot”? Limitare la vita sui social, a ogni età. Scegliere contenuti comunque stimolanti, perché ci sono tante perle da distinguere e selezionare rispetto alla spazzatura dilagante. E vivere ambienti e situazioni stimolanti nella vita reale: quell’“enriched environment”, quell’ambiente arricchito, prezioso per tenere dinamico il cervello a ogni età, imparando ogni giorno qualcosa di nuovo. Attenzione: arricchito non da denaro o oggetti costosi, ma dal fare insieme, dall’imparare come nuove, dal provarsi ancora a fare meglio. Dalla camminata veloce mattutina a uno sport nuovo, dal gruppo di lettura al canto, dal teatro amatoriale a una nuova lingua, dalla camminata in montagna al canottaggio sul fiume, al viaggio desiderato. Il miglior antidoto al marciume cerebrale, e al deterioramento cognitivo che sta distruggendo cervello e vita di giovani e anziani, è tornare a vivere con intensità e gusto nella vita reale. Prima che sia troppo tardi.