ROMA – La nuova legge sulla cittadinanza, la sicurezza del voto all’estero e gli incentivi per il rientro degli espatriati sono stati al centro dell’annuale assemblea di Cgie (Consiglio generale degli italiani all’estero).

Mariano Gazzola, consigliere argentino e vicesegretario per l’America Latina, racconta i dettagli dell’incontro a Il Globo.

“Al ministro Tajani abbiamo ribadito come la riforma, sebbene necessaria, sia stata condotta in modo e tempi che hanno generato spaesamento – dice –. La trasmissione della cittadinanza si è ristretta drasticamente da un giorno all’altro e si è creata una disparità di trattamento, anche all’interno della stessa famiglia, tra connazionali, soprattutto se in possesso di un’altra cittadinanza”. Cosa che in Argentina, caratterizzata da ius soli perfetto, accade sistematicamente già con la seconda generazione.

“È evidente che dietro al decreto c’era già un accordo trasversale anteriore, vista la rapidità con cui è stato approvato”, dice il consigliere.

L’assemblea ha approvato un ordine del giorno con proposte migliorative dell’attuale norma. “Abbiamo incontrato al Quirinale il presidente Sergio Mattarella, che ha dichiarato che il decreto legge sarebbe da rivalutare – dice Gazzola –. Parole che hanno riaperto una piccola finestra di speranza”.

Sul voto all’estero, è apparsa da più parti la necessità di rendere più sicuro il sistema attuale per le elezioni politiche e referendarie.

“Siamo tutti concordi nell’affermare l’assoluta centralità del diritto di voto per gli italiani all’estero – dice Gazzola –. Al tempo stesso, molti di noi hanno forti dubbi sull’attuale sistema, che consiste nell’invio indiscriminato di plichi elettorali a tutti gli iscritti all’Aire”.

La soluzione non è semplice. Il voto di persona al seggio, ipoteticamente allestito al Consolato, comporterebbe un forte carico di lavoro in più e diventerebbe economicamente penalizzante per chi vive lontano da sedi consolari (in Argentina parliamo anche di distanze di migliaia di kilometri).

“Per mantenere il voto per corrispondenza potremmo pensare una sorta di iscrizione attiva alle liste – dice Gazzola –. Come manifestazione di interesse all’esercizio di un diritto”.

Infine gli incentivi al rientro dei cittadini nati in Italia ed emigrati o dei loro figli. “Una necessità strategica”, si legge nella relazione, in un momento in cui il Paese affronta una crisi demografica, un impoverimento del tessuto produttivo e la fuga di giovani talenti fuori dai confini.

“Milioni di cittadini italiani vivono all’estero, molti dei quali nati in Italia o figli di italiani emigrati negli ultimi decenni – continua la relazione –. Una parte significativa di questa popolazione possiede competenze professionali, relazioni internazionali, spirito imprenditoriale e capitale umano… In questa prospettiva, negli ultimi anni si è iniziato a costruire un sistema di incentivi al rientro, che prevede agevolazioni fiscali, interventi regionali su misura e strumenti di supporto economico e sociale”.

Secondo i consiglieri, tuttavia, affinché queste politiche siano davvero efficaci e strutturali, è necessario andare oltre la logica del “premio” ai singoli talenti, e ampliare l’accesso agli incentivi anche a lavoratori non iper-qualificati.

“Oltre ai ricercatori e agli scienziati – osservano – all’estero vivono artigiani, operai specializzati, lavoratori dei servizi, piccoli imprenditori, tecnici, spesso con una grande esperienza e un forte attaccamento all’Italia, ma senza i requisiti per accedere alle agevolazioni oggi previste per i cosiddetti ‘cervelli’. È dunque fondamentale ridefinire i criteri di accesso alle misure di rientro, rendendole disponibili anche a chi non ha un titolo accademico o non opera in settori ad alta specializzazione. Lavoratori che hanno gestito ristoranti, officine, laboratori artigiani o attività familiari all’estero possono portare con sé competenze preziose per il rilancio delle economie locali, in particolare nei piccoli centri italiani.”

Per favorire il rientro, quindi, è necessario offrire un percorso integrato basato su casa-lavoro-formazione e un orientamento personalizzato. E pensare anche al ritorno come a un’occasione per rendere appetibili le zone a rischio spopolamento, soprattutto i Comuni con meno di 5.000 abitanti in Calabria, Molise, Basilicata, Sicilia, Sardegna.

Non basta offrire case a un prezzo simbolico di un euro se poi sul territorio non funziona la connessione internet, il trasporto pubblico è inefficiente e mancano asili e strutture sanitarie.

Il Cgie, istituito nel 1989 come organismo consultivo (esprime pareri obbligatori). costituito da 63 membri, di cui 20 di nomina governativa e 43 territoriali, eletti dai Comites, che si sono riuniti a Roma nei giorni scorsi.