Come ogni anno ci vorranno un po’ di giorni per poter giudicare interamente il bilancio di previsione con i suoi lati positivi e negativi e, come sempre, le opinioni già sono  e rimarranno divergenti tra chi voleva più prudenza e chi suggeriva maggiori aiuti, tra chi prevede conseguenze catastrofiche e chi pensa che, dopotutto, con oltre nove miliardi in cassaforte un po’ di sicurezza e autorevolezza bisogna riconoscerle a questa amministrazione.

Lettura ‘a caldo’ insomma riservandosi la possibilità di qualche correzione di giudizio una volta che i soliti dettagli si mettano di mezzo. Nuova promozione per Jim Chalmers perché i numeri sono dalla sua parte, ma dita incrociate per le sue previsioni sul fronte dell’inflazione, decisamente non linea con quelle della Reserve Bank (che comunque non ha uno spettacolare record in merito). 

Una Banca centrale che, prudentemente,  non vuole lasciarsi andare in commenti che potrebbero innescare nuovi problemi (vedi le considerazioni di Philip Lowe di alcuni anni fa sui tassi d’interesse che non sarebbero saliti per un bel po’, sbagliando nettamente il tiro). Poche anche le sorprese nel documento di previsione, dato che la maggior parte delle iniziative erano state lasciate in libertà, con studiato anticipo, perché ormai conviene fare così. Gli elettori hanno il tempo di prepararsi, l’opposizione di lamentarsi in preventivo facendo poi, qualche volta, una pessima figura perché il ministro del Tesoro, con il vantaggio di poter intervenire fino all’ultimo, spesso riesce a cambiare qualcosa, senza svendersi, ma modificando quello che serve per spiazzare le teorie negative degli avversari.

Comunque partiamo dall’attivo di gestione, il secondo di seguito e non succedeva dai tempi di Peter Costello quindi, bonus punti per Chalmers, perché con una Coalizione che da sempre ha misurato il successo di gestione con il surplus, nove miliardi non sono pochi, anche se il ministro del Tesoro, martedì sera, ha detto di non farsi illusioni: abbiamo davanti quattro budget con vari picchi di rosso (meno 28,3 miliardi nel 2024-25, -42,8 l’anno successivo, -26,7 nel 2026-27 e -24,3 nel 27-28) per poi continuare per chissà quanto ancora con deficit più contenuti, perché la festa delle grandi entrate e dei prezzi favorevoli delle esportazioni ‘classiche’ di minerali, si sta esaurendo e alcune spese extra, specie NDIS, servizi per gli anziani sanità e difesa, oltre che i nuovi investimenti per la transizione energetica e il made in Australia faranno il resto.

 Godiamoci il presente insomma. Budget, comunque, dai connotati fortemente elettorali, tanto che qualcuno, a caldo, ha cominciato a parlare della possibilità di un voto anticipato, un’opinione che si è presto frantumata sotto il peso delle realtà politiche delle elezioni in Queensland in ottobre e di quelle americane e novembre: quote più alte per la possibilità, invece, del ricorso tattico a un nuovo budget, anticipato a marzo, prima di ritornare alle urne, come previsto, a maggio.

Bilancio comunque che, come era difficile immaginare, getta solide basi elettorali e, soprattutto, conferma il nuovo corso del laburismo firmato Chalmer e sottoscritto da Albanese. O viceversa. Le novità erano state promesse, nel modo di pensare e fare, e sono state messe sul tavolo: un nuovo modo per combattere l’inflazione, rifiutando la rigidità e gli avvisi tradizionali sul da farsi della Banca centrale, puntando invece su politiche fiscali espansionistiche per costruire una nuova economia verde ed interventista.

Più che parlare di una tattica rischiosa si potrebbe parlare di una scommessa quella di Chalmers e Albanese, sostenuta da indubbie convinzioni. Una risposta tutt’altro che convenzionale alle difficoltà generali del momento sul fronte dell’inflazione, quasi a voler confermare che quando il primo ministro e il responsabile del Tesoro avevano parlato di voler emulare Hawke e Keating nel cambiare il Paese, non scherzavano, anche se la loro tattica è completamente diversa. Innovativi, sotto certi punti di vista coraggiosi, sicuramente determinati e convinti nel loro ‘credo’ di guidare la spinta verso le rinnovabili: 24,3 miliardi di interventi per cercare di arginare i problemi causati dall’inflazione e dal costo della vita per ridare respiro agli australiani (tra tagli fiscali, bonus elettricità – i 300 dollari per tutti senza differenze di entrate continua a destare perplessità, anche se il fattore semplificazione è probabilmente il più quotato –, congelamento dei prezzi dei medicinali per pensionati, migliori servizi per gli anziani, assistenza extra per fare fronte al caro-affitti, riduzione del debito HECS, più fondi per l’edilizia abitativa popolare) e 22,7 miliardi da investire nell’etichettato ‘Futuro made in Australia’ nella arco dei prossimi dieci anni. Meno tasse per (quasi) tutti, più soldi in tasca per (quasi) tutti e il famoso stretto sentiero, individuato dalla Reserve per uscire dal tunnel dell’inflazione, diventa ancora più stretto.

Ma Chalmers martedì sera, con una evidente dose di entusiasmo per una specie di ‘missione compiuta’, continuato anche ieri nelle innumerevoli interviste che ha concesso per spiegare le sue filosofie e i suoi obiettivi, ha respinto le teorie del bilancio ‘espansionistico’ e ha continuato a parlare di ‘spese inevitabili’ decisamente non inflazionistiche, anzi che accorceranno la strada del recupero. Insomma il governo sta mantenendo gli impegni presi con gli elettori e con la Reserve: quello che non tutti riescono a capire è come un bonus elettricità di 300 dollari e aiuti extra per pagare gli affitti, assieme agli sgravi fiscali che entreranno in vigore il primo di luglio, faranno scendere dello 0,5% l’inflazione nei prossimi sei mesi. 

Ma il ministro del Tesoro non si fa distrarre nei suoi obiettivi e nella sua visione del futuro in quella che considera la “più grande trasformazione dell’economia globale dalla rivoluzione industriale”. Chalmers e Albanese, con il loro ‘made in Australia” e la loro accelerazione nel campo della transizione ecologica (la frenata sul gas di una settimana fa non inganni, come non devono ingannare i malumori espressi martedì sul fronte del carbone – ancora troppo usato e venduto, a suo dire - dal solito Adam Bandt, rimasto con ben poche bandiere da sventolare), sono più convinti che mai quando parlano delle loro intenzioni da fare diventare l’Australia un potenza energetica mondialenel campo delle rinnovabili. E il budget di martedì lo conferma (entusiastica la risposta delle aziende direttamente interessate a tuffarsi nel ‘nuovo mondo’ a bassissimo rischio, data la partnership con il governo, pronti a raccogliere gli incentivi, soprattutto fiscali, che arriveranno nel settore).

Il governo Albanese è andato ben oltre le semplice parole e le semplici promesse di ridurre le emissioni prima e più consistentemente degli altri, ma ha trasformato l’impegno ambientale in una vera e propria trasformazione degli obiettivi economici e industriali del Paese: mettendosi in competizione con gli Stati Uniti, il Giappone, la Cina, l’Europa. 

Chalmers, sottolineando i 13,7 miliardi di incentivi supplementari destinati alla ricerca, sviluppo e produzione dell’idrogeno verde e lo sfruttamento di minerali critici entreranno nell’ambizioso piano per il futuro, e faranno diventare l’Australia un giocatore-chiave nell’economia globale.  Auguri d’obbligo, nell’interesse di tutti.