BUENOS AIRES – È stato annunciato dal governo come un “passo decisivo verso la modernizzazione amministrativa” e “una pietra miliare storica” per l’Argentina. L’avvento del silenzio-assenso stabilisce che, in determinate pratiche amministrative, l’assenza di risposta da parte dello Stato entro un termine stabilito – e il rispetto delle condizioni richieste dalla legge da parte del cittadino – sarà considerata come approvazione implicita.

La riforma, prevista dalla Ley de Bases approvata quattro mesi fa, ha l’obiettivo semplificare la relazione tra cittadini e Stato, eliminando i cosiddetti “lacci e lacciuoli” burocratici, accelerando i tempi e incentivando implicitamente gli investimenti da parte delle imprese.

La misura si applica a oltre 500 pratiche a livello nazionale, dalla richiesta di licenze commerciali all’iscrizione nei registri pubblici.

Non si applica invece a attività sottoposte a restrizioni, come il porto d’armi e il trasporto di materiali pericolosi. Ovviamente non si applica nemmeno ad attività proibite dalla legge.

La riforma permette di superare il vecchio schema del “silenzio amministrativo negativo”, in vigore dal 1972, secondo il quale la mancanza di risposta da parte dello Stato entro un certo limite di tempo obbligava i cittadini a ricominciare da capo nella richiesta.

La filosofia della nuova norma sta nel fatto che l’inefficienza dello Stato debba ricadere a favore del cittadino e non il contrario. Privati e imprese, in questo modo, risparmiano tempo e denaro.

I vantaggi sono indiscutibili, sempre che sia mantenuto il ruolo di vigilanza della pubblica amministrazione e che il nuovo quadro normativo non faciliti l’autorizzazione di pratiche prive di requisiti da parte di qualche funzionario corrotto, per esempio opere nel settore edilizio.

Non a caso, in Italia, il silenzio-assenso è legge dal 2013 ma non si applica ad atti e i procedimenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente. 

Il silenzio-assenso entra in vigore dal 1 novembre (retroattivo) per l’amministrazione centralizzata e dal 1 dicembre per quella decentralizzata.