MELBOURNE - Quando Chiara Gallo è venuta a Melbourne per la prima volta per frequentare un corso di lingua era il 2006 e, nonostante la città le fosse molto piaciuta, non aveva considerato di trasferirsi qui.

Sette anni dopo, invece, è atterrata nuovamente a Tullamarine, questa volta come assistente di lingua del Co.As.It. 

Si trasferisce subito a Hamilton, a circa tre ore e mezzo da Melbourne, al Baimbridge College, la scuola dove era stata assegnata, perché Vecchiet, il preside di allora, aveva avviato un programma di italiano per i ragazzi dall’Anno Prep al 12. 

“I tre anni e mezzo trascorsi a Hamilton sono stati per me molto intensi e formativi; è stata un’esperienza davvero importante”, commenta Gallo.

Dopo quel periodo l’insegnante si è spostata a Melbourne per seguire il suo progetto di vita personale, finire gli studi e riprendere a lavorare come insegnante di latino allo Xavier College e, al contempo, insegnando italiano per il Co.As.It. nel pomeriggio. 

Tre anni fa approda al VSL - Victorian School of Languages – dove ha cominciato a insegnare entrambe le lingue.

“Negli ultimi anni c’è stato un grande incremento nel numero di studenti che scelgono di studiare latino; alla base della decisione c’è soprattutto un interesse per la mitologia, l’aspetto storico, culturale, letterario e tutto ciò che il mondo latino rappresenta”, sottolinea l’insegnante.

“Per quanto riguarda l’italiano, invece, è spesso una questione legata alle origini. Ho notato che molte famiglie italiane di seconda o terza generazione spingono i figli a riscoprire le loro radici attraverso la lingua, la cultura, le tradizioni”.

L’approccio all’insegnamento di Gallo cambia tra le due lingue: il latino è basato maggiormente sulla grammatica, le sue regole e la comprensione della struttura della frase e del testo, con molte traduzioni; per l’italiano, invece, può puntare maggiormente sulla conversazione oltre che sulla conoscenza grammaticale.

“Mi dà grande soddisfazione quando, durante le mie lezioni, vedo che i ragazzi riescono a esprimersi in una lingua che non è la loro”, conclude Gallo.