ROMA - “Io sono un uomo da strada e non da scrivania, è questa essenzialmente la ragione per cui io non posso e non voglio andare contro me stesso, non posso ignorare quello che sono e soprattutto quello che non so fare”.

Davide Cassani, ormai ex ct azzurro, spiega sulla sua pagina Facebook perché ha detto no alla proposta di un nuovo incarico alla Federciclismo, “essere a capo della ciclistica servizi che è qualcosa di molto importante. Lasciatemi spiegare perché non ho accettato questo incarico con un’immagine che, anche solo ricordarla, mi fa tremare i polsi e palpitare forte il cuore. Sono le pedalate di Sonny Colbrelli nella vittoriosa Roubaix. È in quel fango che copre completamente Sonny che io ritrovo tutti i motivi del mio sconfinato amore per il ciclismo. Io ero lì con Colbrelli, pedalavo con lui, stavo facendo a metà di tutto; fango e sudore, speranza e fatica... Ecco, questo è quello che amo e quello che so fare: stare con i ragazzi, essere con loro, sempre, soprattutto quando faticano, quando pedalano. Alla foratura di Gianni Moscon e alla sua caduta ho sofferto come se mi avessero dato un calcio in bocca anzi no, peggio, allo stomaco”.

“Ecco perché, pur avendo apprezzato moltissimo l’offerta interessante che mi è stata fatta, chiudo un libro per aprirne un altro che è soltanto la sua continuazione. Voglio tornare, anzi restare sulle strade con i miei ragazzi condividere con loro amarezze e delusioni, gioie e soddisfazioni. Non so cosa farò - conclude Cassani - dipenderà da quello che sarò capace di inventarmi. Di sogni ne ho ancora tanti e di certo non lascerò il ciclismo”.