SANTIAGO - Per la prima volta, la giustizia cilena ha formalmente avviato un processo per i casi di sottrazione di minori risalenti al periodo della dittatura militare di Augusto Pinochet (1973-1990). Lo ha annunciato lunedì il Poder Judicial del Cile. 

Il giudice Alejandro Aguilar, della Corte d’Appello di Santiago, ha ordinato di processare cinque persone con accuse che includono associazione a delinquere, sottrazione di minori e prevaricazione dolosa. È stata inoltre richiesta l’estradizione di una delle imputate da Israele. 

Le indagini si concentrano su episodi avvenuti negli anni ’80 nella città di San Fernando, 140 km a sud di Santiago, dove una rete composta da avvocati, membri del clero cattolico, operatori sanitari, funzionari pubblici e una giudice avrebbe organizzato l’adozione illegale di bambini.  

I minori, figli di madri in condizioni economiche difficili, venivano consegnati a coppie straniere dietro pagamento fino a 50.000 dollari. 

Secondo il giudice Aguilar, i crimini non sono prescritti in quanto costituiscono delitti contro l’umanità, perseguibili sulla base della Convenzione americana dei diritti umani e della giurisprudenza della Corte interamericana di giustizia.

Durante il regime di Pinochet, migliaia di bambini furono adottati illegalmente, spesso senza il consenso delle madri. Alcuni provenivano da famiglie benestanti, ma molti furono rapiti direttamente in ospedali o istituti. 

Secondo la fondazione “Madres e hijos del silencio”, fino al 2022 risultavano almeno 50.000 casi sospetti di adozioni irregolari in Cile. Questo primo processo rappresenta un passo importante verso il riconoscimento giudiziario di una tragedia nazionale rimasta a lungo senza giustizia.