CANBERRA – Il governo cinese ha esternato le proprie frustrazioni per il lento processo di riconciliazione dei travagliati rapporti con l’Australia, aumentando le speranze di nuovi colloqui ad alto livello per smussare le differenze sulla sicurezza regionale, i diritti umani e i legami commerciali, stimati a 245 miliardi di dollari.

L’ambasciatore cinese a Canberra, Xiao Qian, ha manifestato l’intenzione di ricostruire i rapporti con l’Australia, in vista di una serie di summit globali il prossimo mese, che offriranno l’opportunità per entrambi i Paesi di “riavvicinarsi” dopo degli anni difficili.

Per Xiao mettere fine alle dispute commerciali darebbe all’Australia la distinta possibilità di scongiurare la recessione globale e al governo l’indotto necessario per finanziare la terza fase di sgravi fiscali che entreranno in vigore, in base ai programmi, nel 2024.

L’Ambasciatore ha segnalato che le tensioni su Taiwan e il trattamento delle minoranze musulmane nella regione di Xinjiang sono state le maggiori barriere alla ripresa dei rapporti tra Australia e Cina, e ha suggerito a Canberra di trasmettere le proprie preoccupazioni sui diritti umani in forma privata invece che pubblica. Un rapporto del Consiglio su diritti umani delle Nazioni Unite ha stigmatizzato il trattamento della comunità uiguri e altre minoranze etniche in Cina occidentale, sottolineando che costruirebbe un “crimine internazionale contro l’umanità”.

Il ministro degli Esteri, Penny Wong, ha parlato del rapporto come una “lettura straziante”, e l’Australia, in sede di Nazioni Unite, ha votato a favore dell’apertura di un dibattito sulla questione, ma la Cina si è opposta con successo alla mozione.

Il nuovo messaggio di distensione arriva quando svariati ministri federali hanno accantonato le speranze di un drammatico miglioramento dei rapporti commerciali con la Cina, che ha imposto restrizioni sulle esportazioni australiane di varie categorie, dall’orzo al vino, dalle aragoste al carbone.

L’Ambasciata cinese a Canberra che, nel novembre 2020, all’apice della disputa commerciale, aveva pubblicato una lista di 14 rimostranze che prevenivano la ripresa dell’interscambio, scrivendo: “Se vuoi che la Cina ti sia nemica, la Cina sarà nemica”, ora sostiene che gli sforzi diplomatici del nuovo governo laburista sono incoraggianti e dovrebbero continuare con maggior celerità.

“Non ci stiamo muovendo abbastanza velocemente, come vorrebbe la Cina - ha detto Xiao, in una recente intervista -. La situazione sta migliorando, ma un poco alla volta”.

Il ministro del Commercio, Don Farrell, la settimana scorsa, pur augurandosi la rapida e piena ripresa delle attività commerciali, ha dichiarato che “l’Australia non dovrebbe mai più trovarsi in una situazione di assoluta dipendenza dalla Cina”.

Il ministro della Difesa, Richard Marles, ha incontrato la controparte cinese a giugno, a Singapore, mentre quello degli Esteri, Penny Wong, ha incontrato il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, due volte dalle elezioni dello scorso maggio.

Un portavoce del dipartimento degli Esteri ha risposto all’appello dell’ambasciatore cinese, dicendo: “Australia e Cina hanno intrapreso passi importanti per la stabilizzazione dei rapporti, incluso la riapertura del dialogo a livello ministeriale. Continueremo a perseguire sempre maggior stabilizzazione, ma come sottolineato dal ministro Wong nel colloquio con il ministro Wang, gli interessi australiani sono costanti, e il governo parlerà sempre apertamente su questioni che stanno a cuore del popolo australiano”.

L’ambasciatore Xiao ha detto di essere in contatto con funzionari degli Esteri per verificare quali passi concreti intraprendere per accelerare la normalizzazione delle relazioni tra Cina e Australia, dicendo che la ripresa del dialogo ministeriale è positivo, ma che è finito il tempo di parlare ed è arrivato quello di agire”, aggiungendo: “In una relazione ci vogliono due mani per applaudire”.

Per Xiao gli appuntamenti internazionali del G20 a Giacarta, dell’APEC, a Bangkok e il summit East Asia, a Phnom Penh, rappresentano la scenografia ideale per i due Paesi per ricucire lo strappo diplomatico e riprendere l’interscambio, il cui indotto potrebbe mettere fine alla polemica in Australia sull’introduzione della terza fase di sgravi fiscali.

Commentando sull’eccessiva dipendenza dell’Australia, dalla Cina, l’ambasciatore ha detto: “Molti dicono che l’Australia può cooperare con molti altri Paesi: congratulazioni.  Ma a mio avviso, non potrà mai trovare un partner migliore della Cia”.

L’intervento di Xiao, lo scorso agosto al Circolo della stampa a Canberra, nel quale aveva asserito che la Cina si riservava il diritto di assumere il controllo di Taiwan con la forza, aveva destato non poche perplessità, ma l’Ambasciatore ha minimizzato quella prospettiva nell’intervista della settimana scorsa, auspicando una riunificazione pacifica.

Sottolineando che la situazione in Xinjiang e Taiwan sono le questioni che più frequentemente hanno creato tensioni, Xiao si è augurato che “il governo laburista guardi a queste istanze in maniera più obiettiva, equilibrata e costruttiva”, aggiungendo che “i commenti pubblici sulle spinose questioni non contribuiscono a creare un’atmosfera positiva”.

Rispondendo a una domanda sulla detenzione della giornalista australiana Cheng Lei, in Cina, per la quale il governo federale ha chiesto il rilascio, l’Ambasciatore ha detto di non avere l’autorità di interferire con il processo giudiziario in corso, ma si è offerto di poter assistere dal punto di vista umanitario e, in base alle leggi cinesi, di facilitare contatti tra Cheng Lei e i suoi familiari e con l’Ambasciata australiana a Pechino. 

Intanto, il governo cinese ha provocatoriamente descritto l’alleanza AUKUS (Australia, Usa e Regno Unito) un patto etnico tra nazioni bianche, aggiungendo che invia un messaggio negativo alla regione dell’Asia-Pacifico.