VANCOUVER - In occasione del cinquantesimo anniversario della Fraser Valley Potters’ Guild, Il Museo dell’Italian Cultural Centre di Vancouver ospita una mostra giurata di ceramica che celebra non solo la maestria tecnica degli artisti coinvolti, ma anche un’eredità culturale profondamente radicata nella tradizione italiana.
La collaborazione tra Il Museo e la Fraser Valley Potters’ Guild è nata dall’interesse di quest’ultima per gli spazi espositivi del Centro, ma anche da una visione condivisa. “Al Centro Culturale Italiano stiamo lavorando per diventare un punto di riferimento artistico nella zona est di Vancouver. E poi, diciamolo, non c’è niente di più italiano della ceramica”, spiega Angela Clarke, curatrice della mostra e direttrice della galleria. “La produzione ceramica ha avuto un’influenza enorme nella storia dell’arte italiana, e personalmente è un ambito che conosco a fondo, visto che ho dedicato il mio dottorato proprio alla ceramica italiana”.
L’esposizione presenta oltre cinquanta opere realizzate da quaranta artisti, attraverso tecniche diverse: porcellana, smalti celadon verdi, cottura a soda, raku, terracotta decorata a slip. “Volevamo una panoramica ampia, che riflettesse la varietà e la qualità del lavoro dei ceramisti della Fraser Valley. Per questo, in occasione di questo anniversario così importante, abbiamo scelto di affidare la selezione a una curatrice esterna, Carol Mayer, in modo da avere uno sguardo fresco e imparziale. Personalmente non cercavo un tema preciso: desideravo solo lasciarmi sorprendere da ciò che sarebbe arrivato”.
Tra gli artisti figurano persone di origini culturali diverse, europee e asiatiche, e questa ricchezza si riflette nei pezzi in mostra, che reinterpretano stili e tradizioni provenienti da varie parti del mondo. È anche un modo per raccontare, attraverso la ceramica, la realtà multiculturale della Columbia Britannica e, allo stesso tempo, per ricollegarsi alle radici italiane di quest’arte.
Angela Clarke (Foto: ICC)
“In Italia, la ceramica – così come il tessile – racconta la vita quotidiana, la sfera domestica. E dove c’è vita domestica, ci sono le donne”, osserva Clarke. “Purtroppo, di molte donne italiane del passato non ci è rimasto quasi nulla: pochissimi documenti, a parte quelli scritti da qualche suora o aristocratica. Per le donne comuni, soprattutto di ceto medio o basso, non abbiamo praticamente testimonianze dirette. Per questo considero le ceramiche e i tessuti come tracce preziose delle loro vite”.
In epoca romana, così come nel Rinascimento, la produzione tessile era considerata espressione della virtù femminile. “Le leggi suntuarie regolavano rigidamente l’abbigliamento delle donne e ciò che potevano indossare. Attraverso queste regole possiamo capire molto sui valori dell’epoca e sui limiti imposti alla vita delle donne”, spiega Clarke.
Ma anche gli oggetti ceramici ci raccontano storie importanti. “Molte ceramiche venivano donate come regali di nozze. Non sempre riflettevano i gusti della sposa, ma sicuramente rappresentavano le aspettative della famiglia in cui entrava. Alcuni piatti della tradizione della maiolica bella donna, ad esempio, riportano il nome della donna a cui erano destinati. È un dettaglio che trovo commovente. Non sappiamo cosa pensassero queste donne, ma almeno conosciamo i loro nomi: è un piccolo segno della loro esistenza, che altrimenti sarebbe andata perduta”.
Una delle sezioni più apprezzate del percorso espositivo è la mug wall, una parete dedicata alle tazze, oggetti di uso quotidiano che riescono a coniugare funzionalità, creatività e identità. “Le tazze mi piacciono moltissimo. Sono accessibili, e ognuno può esprimere un po’ di sé attraverso una tazza: lo stile, l’umorismo, le passioni. Anche i bambini le adorano. Nelle mostre corrono spesso da una stanza all’altra senza soffermarsi, ma davanti alla parete delle tazze si fermano, si incuriosiscono. Amano i disegni buffi, gli animali, i colori. E anche gli adulti trovano nelle tazze un modo per esprimere la propria personalità in maniera semplice e quotidiana”.
Il dialogo con la comunità è parte integrante della missione del Centro Culturale Italiano. “Stiamo preparando alcune attività per coinvolgere i visitatori più giovani: ad esempio una dimostrazione pratica durante il nostro mercatino di Natale, e in estate vorremmo inserire un laboratorio di ceramica all’interno del nostro campo estivo di lingua italiana. Abbiamo anche una scuola materna italiana, e ci piacerebbe portare la ceramica nel loro programma didattico. Sono modi concreti per avvicinare i bambini all’arte e alla cultura”.
Eloisa Mae (Foto: ICC)
Guardando al significato più profondo della mostra, Clarke riflette sul ruolo della ceramica come linguaggio universale. “La creazione di oggetti in ceramica e tessuto è un’esperienza condivisa da tutte le culture, in tutte le epoche. È un ponte tra tempi e popoli. Le ceramiche dell’antichità, greche e romane, raccontano il commercio e i contatti con altri paesi, grazie all’adozione di motivi decorativi stranieri. Le forme d’arte più recenti, come la stampa, la fotografia o il digitale, non hanno ancora quella profondità storica. Penso, ad esempio, a come l’arrivo della porcellana cinese abbia cambiato radicalmente il gusto estetico italiano, spostando l’interesse dalle maioliche colorate alla porcellana bianca e blu, considerata più elegante. Sono cambiamenti che parlano di scambi, di influenze, di contaminazioni”.
Secondo Clarke, tutto questo ci permette di raccontare una storia diversa dell’Italia e della sua identità. “C’è ancora l’idea che l’immigrazione sia un fenomeno recente, del XX secolo. In realtà, l’Italia è sempre stata un crocevia di popoli, fin dall’epoca romana. E questo mi piace ricordarlo, perché dimostra che l’identità italiana è complessa, internazionale, sfaccettata. La cultura italiana ha sempre accolto le influenze esterne, e lo ha fatto in modo evidente proprio attraverso le sue tradizioni artistiche”.
La mostra resterà attiva fino al prossimo 8 giugno. Per maggiori informazioni, visitate questa pagina.