BERGAMO - A cinque anni dal passaggio dei camion militari con le bare dei morti di Covid nel capoluogo lombardo, martedì scorso è ricorsa la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di Coronavirus.
“Troppo profonde sono le ferite, troppo diffuse sono le lacrime che la pandemia del Covid ha lasciato nelle nostre terre, troppo deprimenti sono le memorie”. A cinque anni dalla tragica immagine dei camion militari che trasportano in processione i morti bergamaschi, la Conferenza episcopale regionale ha invitato così a far suonare a lutto tutte le campane della Lombardia alle ore 12. Un’occasione, hanno detto i vescovi lombardi, di “pregare per le vittime e per le persone ferite dalla morte in quei mesi”, ma anche di ricordare quell’eroica capacità di resilienza che ha fatto di Bergamo, e di tutta la regione, un simbolo di resistenza.
Oltre 16.000 morti nell’anno del Covid e più di 8.500 residenti in meno. Se per qualcuno la pandemia sembra un lontano ricordo, non lo è certamente per chi ha impresso nella memoria quella fila interminabile di camion carichi di bare avviarsi dalla città verso i cimiteri di tutt’Italia. Gli impianti orobici non bastavano più, perché i morti erano troppi. “Preghiamo e invitiamo a pregare - hanno detto i vescovi lombardi - perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia: la solidarietà necessaria, la vigilanza attenta, la speranza invincibile che nasce dalla fede nel Risorto”.
La memoria “come atto necessario per onorare e rispettare chi non c’è più e quanto vissuto”, si legge sul sito internet del Comune bergamasco. La scoperta “come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l’esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato”.
Al Cimitero monumentale, nella Chiesa di Ognissanti svuotata dai banchi per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria, la riflessione è stata affidata al vescovo, monsignor Francesco Beschi. “Perché la memoria è la base per ricostruire. Perché la memoria di ieri è l’essenza della forza di oggi”.
Da allora sono passati cinque anni, quasi 27 milioni di casi totali e 198.000 morti. Ma tante sono le novità che si sono susseguite in questo lasso di tempo, dall’abolizione delle multe per i cosiddetti no-vax al nuovo piano pandemico che non prevede più il ricorso agli ormai celebri Dpcm. Ma non solo, perché a febbraio 2024 è stata istituita anche una commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza che si è già riunita in 24 occasioni, con numerose audizioni di esperti e associazioni.
Lo scorso 25 gennaio, inoltre, è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per l’inosservanza dell’obbligo vaccinale. Il nuovo piano pandemico, messo a punto dal governo Meloni, prevede inoltre l’eventuale possibilità di ricorrere a restrizioni alla libertà personale solo in alcuni casi e unicamente di fronte a una “pandemia di carattere eccezionale”, ma senza ricorrere ai Dpcm.