Non ha avuto dubbi Jasmine Trinca nell’affrontare l’argomento della violenza sulle donne interpretando un ruolo centrale in “La scuola Cattolica”, il film di Stefano Mordini tratto dal romanzo Premio Strega di Edoardo Albinati, che ricorda i tragici eventi del settembre 1975 avvenuti al Circeo. Un argomento che certo non lascia indifferenti. “Ho scelto di aderire a questo progetto perché la vicenda che racconta e il punto di vista da cui origina il romanzo mi sono sembrati molto interessanti, un’analisi della costruzione del maschile di potere in questo Paese - racconta Trinca -. Credo che dare un contributo a quella che spero sia un’analisi dura e cruda, ma anche un’implicita volontà di decostruzione del maschile, sia una cosa importante, fondamentale anche per le donne”.
Un tema, secondo l’attrice, che ha ancora molto da insegnare alla società di oggi. “Ci sono degli eventi di cronaca che segnano un Paese perché raccontano di un assetto culturale. Il Circeo in Italia è stato questo, un drammatico risveglio che metteva in connessione la visione della donna con il nesso tra potere, denaro, sesso e direi educazione. La vicenda del Circeo è arrivata a me perché impressa nella memoria collettiva come paradigma della violenza maschile sulle donne, ma anche come il segno di una complessa e lunga battaglia femminista che proprio dal Circeo prese vigore.
Una tragedia che è spartiacque e simbolo, una data incisa nella pelle delle donne, la notte tra il 29 e il 30 settembre 1975, non l’unica certamente, ma dolorosamente primogenita. Già solo rinominarla mette i brividi, per questo il film di Mordini, che ricostruisce il massacro del Circeo, la violenza del branco dei ricchi “fighetti” dell’estrema destra Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira che umiliarono e seviziarono Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, uccidendo quest’ultima e risparmiando loro malgrado la prima che si finse morta, era uno dei film più attesi della Mostra di Venezia. Tratto, come detto, dal monumentale libro di Albinati, compagno di scuola dei tre violentatori, quello stesso San Leone Magno al quartiere Trieste di Roma, la scuola cattolica appunto, tutta maschile allora, che fu l’ambiente in cui maturò tutto.
“Pur essendoci al centro della storia quel delitto efferato, il tema del film - racconta il regista - è un altro: l’ambiente, la società borghese di quel momento e soprattutto il senso di impunit. E’ proprio questo il tema: sapere che si sarà impuniti per tanta violenza, perché qualcuno aiuterà a tirarti fuori dai guai con i soldi e la posizione sociale. Non ho illuminato quella vicenda come un conflitto di classe, pariolini/borgata, né volutamente messo l’accento sull’estrazione politica, il loro essere fascisti, né sull’uso di droghe: si muovono da fascisti e da drogati, si vede e mi basta. Eliminare la politica è stato un presupposto di partenza di cui mi assumo la responsabilità: il contesto politico di allora non esiste più, io volevo fare un film per i giovani, farlo uscire da quegli anni, far capire come il mostro colpisce ancora, come la violenza degli uomini che vogliono dominare le donne è una storia non finita, per la quale la responsabilità delle azioni non può essere qualcosa di impunito”.
Il film, a cui partecipa un cast d’eccellenza (Riccardo Scamarcio, Valentina Cervi, Valeria Golino, Fabrizio Gifuni, una Benedetta Porcaroli, emozionante nel ruolo di Colasanti e i giovanissimi Giulio Pranno, Francesco Vergoni, Francesco Cavallo) mostra il contesto di quella storia: la formazione culturale cattolica della scuola, l’assenza o meno dei genitori, cosa significava essere giovani maschi di quell’estrazione borghese e di quell’ambiente, “per essere una riflessione sui valori e arrivare al pubblico del film, speriamo ai ragazzi, costruendo elementi per leggere questa società e non subirla, capire che si può scegliere come agire, da che parte stare come capitò ai coetanei dei tre violentatori”.
Storicamente il massacro del Circeo (la foto a viale Pola del bagagliaio della 127 semi aperto con il volto tumefatto e sotto choc di Colasanti con le mani insanguinate è uno dei simboli della storia d’Italia, della violenza di genere e non dovrebbe mai farci dormire sonni tranquilli ieri come ora) diede impulso al movimento femminista, protagonista anche al processo, riuscendo a diventare il motore di un cambiamento legislativo, lo stupro delitto contro la persona non più delitto d’onore.
“E’ doveroso e necessario raccontare ancora questa storia alla mia generazione. E’ stato emotivamente forte elaborare tutto questo come persona e come attrice. Spero di aver restituito a Donatella ancora un po’ di giustizia” dice Porcaroli che nel film interpreta Colasanti, morta nel 2005 a 47 anni, per un tumore al seno, senza aver mai veramente superato la violenza. “Ancora oggi si sente dire quando ci sono fatti di stupro com’era vestita, se era ubriaca, le sentenze sono spesso ricche di stereotipi sessisti, si denuncia di più in questi anni, ma si fa ancora fatica ad essere credute. Dopo 46 anni purtroppo la violenza del Circeo è un passato ancora attuale” aggiunge Federica Torchetti che interpreta Lopez, che non sopravvisse alle violenze e morì.