ROMA - È terminata dopo quasi due ore, a Palazzo Chigi, la riunione del Consiglio dei ministri. All’ordine del giorno, tra le altre cose, un decreto legge (DL) che modifica le norme per la cittadinanza per discendenza, uno per la riconversione dei centri hotspot per migranti in Albania e uno per l’attuazione del Pnrr e l’avvio dell’anno scolastico 2025-2026. 

Cambiano le regole sulla cittadinanza, con la riforma della normativa ius sanguinis, considerata “di grande importanza, perché punta a rinforzare il legame tra chi vuole essere cittadino italiano e l’Italia”, come ha detto ai giornalisti Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio. 

“Purtroppo ci sono stati nel corso degli anni abusi e richieste di cittadinanza che andavano un po’ al di là del vero interesse nei confronti del nostro Paese”, ha però aggiunto.

La normativa approvata dal Cdm mantiene il principio dell’ereditarietà basato sulla discendenza da cittadini italiani, ma enfatizza la necessità che vi sia di un vincolo effettivo con l’Italia. 

Il vicepremier ha quindi spiegato che, dalla fine del 2014 al 2024, i cittadini italiani residenti all’estero sono aumentati da circa 4 milioni e 600mila a 6 milioni e 4mila, con un incremento del 40% in soli dieci anni. Nel solo Sudamerica, dal 2004, si è passati da 800mila a oltre 2 milioni di presenze di cittadini italiani, con un aumento del 250%.  

“Tuttavia, i residenti nati in Italia rappresentano una minoranza: in Brasile sono meno del 4%, in Argentina poco meno dell’8%”, sottolinea il ministro, evidenziando che questa corsa alla cittadinanza genera non pochi problemi ai consolati, che “hanno liste d’attesa di anni”. 

La nuova norma introduce quindi un limite di due generazioni, riconoscendo automaticamente la cittadinanza solo a chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia, mentre chi ha solo bisnonni o avi più lontani non avrà più diritto automatico.  

Si tratta comunque di un decreto legge, che quindi dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni dal Parlamento. 

La riforma punta anche a incentivare l’immigrazione di ritorno, concedendo la cittadinanza agli italodiscendenti che nascono in Italia o con almeno uno dei genitori cittadini italiani che abbia risieduto nel Paese per almeno due anni.  

Restano ovviamente validi, chiarisce Tajani, i riconoscimenti già ottenuti o le domande presentate prima dell’entrata in vigore della legge. 

Il Cdm ha poi approvato un DL “molto semplice", che interviene sulla legge di ratifica del protocollo Albania, non sul contenuto, rendendo possibile utilizzare la struttura già esistente anche per persone trasferite dall’Italia e non solo per quelle trasferite per l’esito di procedure di soccorso in mare. 

“Ciò ci permette l’immediata riattivazione di quel centro, che non perde le sue funzioni già previste e non viene snaturato”, ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, illustrando in conferenza stampa a Palazzo Chigi le principali misure previste dal decreto approvato.  

Il governo punta a rendere operativo “a breve” il nuovo Cpr per migranti in Albania, aprendo alla possibilità di trasferimento dall’Italia di persone già destinatarie di provvedimento di espulsione e trattenute nei Cdm.  

“Il titolo e la disciplina di trattenimento non cambiano. Il centro è già stato realizzato e non ci saranno risorse aggiuntive per la realizzazione della struttura”, spiega Piantedosi, aggiungendo che il centro in Albania si aggiungerà alla rete nazionale dei Cpr.  

“Al momento il centro è attivo per 49 posti, può arrivare fino a 140. È un intervento che non costerà un euro in più rispetto alle risorse già stanziate”, ha sottolineato il ministro, precisando, riguardo al primo trasferimento, di non avere ancora la data, “ma il DL verrà pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale quindi diventa già efficace e operativo”.  

Il terzo provvedimento riguarda la stretta sui cosiddetti “diplomifici”, gli istituti per il recupero di anni scolastici, con lo stop alla possibilità dei quattro anni in uno.  

“Sono misure che il mondo della scuola attendeva da tempo e che il ministero aveva già avviato, attraverso norme di carattere secondario”, ha dichiarato il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri, constatando però che “in passato queste disposizioni erano spesso disapplicate dai Tribunali amministrativi, creando una situazione di paralisi e debolezza nella lotta a questo fenomeno”. 

Tra le novità principali, non sarà più possibile completare quattro anni scolastici in uno, né moltiplicare le classi “collaterali”, ossia sezioni aggiuntive create per accogliere studenti provenienti da altri istituti o percorsi scolastici irregolari. Una pratica che permetteva, spiega il ministro, “di passare dalla IV superiore con 10 iscritti alla V con 800”.  

Ci sarà poi l’obbligo del registro elettronico, per evitare che uno studente lavori in una regione d’Italia e nello stesso giorno faccia finta di frequentare le lezioni nel “diplomificio” di un’altra regione.  

Per i due anni in uno, infine, sarà istituita una commissione di valutazione presieduta da un docente esterno, garantendo maggiore serietà nel processo di verifica. 

“Quest’anno le revoche della parità scolastica sono aumentate del 10% rispetto allo scorso anno, anche grazie alla collaborazione con la Guardia di Finanza”, ha concluso Valditara.