Una svolta storica per chi ambisce alla cittadinanza italiana per discendenza: il governo italiano ha recentemente approvato un decreto-legge che modifica radicalmente le modalità di accesso allo ius sanguinis. Il nuovo provvedimento, il decreto-legge 25 marzo 2025 n. 36, già in vigore, introduce criteri più severi e ridefinisce il concetto stesso di trasmissione automatica della cittadinanza, ponendo l’accento sull’effettivo legame con l’Italia. In parallelo, due disegni di legge in discussione puntano a rafforzare ulteriormente questo orientamento.

A Brisbane, l’avvocato e agente di migrazione Fabrizio Fiorino, che da anni segue la materia, commenta: “È un cambiamento epocale. Dopo anni di apertura, si torna a un criterio più restrittivo, che punta a garantire che solo chi ha un reale legame con l’Italia possa acquisire la cittadinanza. È una svolta che abbiamo anticipato già lo scorso ottobre con la circolare ministeriale, e ora trova forma giuridica nel nuovo decreto”.

Con l’entrata in vigore della riforma, la cittadinanza automatica potrà essere riconosciuta solo fino alla seconda generazione, ovvero ai figli o nipoti di italiani nati in Italia. Per i nati all’estero da cittadini italiani, la cittadinanza sarà concessa automaticamente solo se almeno uno dei genitori ha vissuto in Italia per almeno due anni consecutivi prima della nascita del figlio. Inoltre, la normativa si applica retroattivamente, anche a chi è nato decenni fa, con una sola eccezione: non toccherà chi è già stato formalmente riconosciuto cittadino italiano, né coloro che avranno presentato la domanda entro le 11.59pm del 27 marzo 2025 (orario italiano). “Questo punto è fondamentale – sottolinea Fiorino –. Chi intende ancora intraprendere il percorso con le vecchie regole deve affrettarsi. Il termine è stretto e non ci saranno deroghe”.

Ma non finisce qui. I disegni di legge in discussione in Parlamento promettono di introdurre novità ancora più incisive. La più significativa riguarda l’introduzione ufficiale del principio di “legame effettivo” con l’Italia. In futuro, ottenere la cittadinanza potrà richiedere la dimostrazione di una connessione concreta con il Paese, come un periodo di residenza qualificata di almeno due anni. Se la nascita di un discendente non verrà registrata presso le autorità italiane entro i 25 anni di età, si presumerà l’assenza di un legame significativo, precludendo la possibilità di acquisire la cittadinanza. Persino i cittadini italiani nati all’estero rischieranno di perdere il passaporto se, per un periodo di 25 anni, non manterranno una connessione attiva con il Paese, ad esempio tramite residenza, obblighi fiscali o impegno civico.

“Queste modifiche avranno un impatto enorme soprattutto sulle famiglie italiane di terza o quarta generazione all’estero – afferma l’avvocato –. Non sarà più sufficiente avere un nonno italiano. Bisognerà dimostrare di essere parte della comunità nazionale, non solo per discendenza ma per scelta consapevole e stile di vita”.

Ulteriori novità riguarderanno la gestione amministrativa delle pratiche. Il governo italiano prevede infatti di istituire un ufficio centrale presso il ministero degli Esteri per trattare tutte le domande di cittadinanza, togliendo questo compito ai consolati. Durante una fase transitoria di 12 mesi, i consolati continueranno a ricevere le domande, ma in forma limitata. “È un passaggio che può alleggerire il carico burocratico dei consolati – spiega Fiorino – e migliorare l’assistenza agli italiani già registrati all’Aire”.

La riforma prevede anche nuove modalità di riacquisizione della cittadinanza per chi l’ha persa, come nel caso degli emigrati che abbiano acquisito un’altra nazionalità. Basteranno due anni di residenza in Italia per riottenerla. Inoltre, chi ha almeno un nonno italiano potrà diventare cittadino dopo tre anni di residenza in Italia, un tempo inferiore rispetto ai cinque richiesti per i cittadini dell’Unione europea o ai dieci anni per quelli extra-Ue. La cittadinanza per matrimonio resterà possibile, ma solo per i coniugi che risiedono in Italia.
Non mancano infine le modifiche procedurali: saranno accettate solo prove documentali e non saranno più considerate valide le testimonianze orali o le dichiarazioni giurate. L’onere della prova ricadrà esclusivamente sul richiedente, e i tempi massimi per la conclusione del procedimento verranno fissati a 48 mesi. “Questo renderà le pratiche più complesse – sottolinea Fiorino –. Chi presenta domanda dovrà essere assistito da un professionista esperto, in grado di costruire un dossier solido e inattaccabile”.

Secondo il legale, l’intera riforma rappresenta una svolta strutturale che l’Italia aspettava da tempo: “Si va verso un modello che privilegia chi ha scelto davvero l’Italia come punto di riferimento identitario e culturale. Ma è anche una sfida per tante famiglie che avevano sperato in un iter più semplice”.

Per chi intende presentare domanda o è nel pieno del percorso, il consiglio dell’avvocato è chiaro: muoversi in fretta e affidarsi a chi conosce a fondo le nuove norme. “Stiamo ricevendo numerose richieste di assistenza da tutto il mondo – conclude Fiorino –. Queste settimane sono decisive per capire se rientrare nei vecchi criteri o iniziare a costruire quel legame effettivo che il legislatore ora richiede”.