Ogni anno, la dirigenza del Club Marconi organizza un pranzo e una cena per celebrare un momento molto speciale: l’anniversario della fondazione del sodalizio, giunto quest’anno al suo 67esimo compleanno. È un’occasione sentita, in cui soci vecchi e nuovi si ritrovano per onorare le radici di questo storico club, fondato nel 1958 da 239 soci animati da spirito di comunità, passione per la cultura e amore per le tradizioni italiane. Durante i festeggiamenti si rende omaggio in particolare ai soci fondatori ancora in vita, veri testimoni della storia del Marconi e custodi di valori che resistono al tempo. Lo scorso anno erano noti affettuosamente come i “Magnifici Sette”, ma purtroppo quest’anno dobbiamo salutare con affetto la scomparsa del caro Imi Maronese, figura rispettata e amata da tutti. Restano ora sei i soci fondatori, cui va il nostro più sentito ringraziamento per il contributo dato al Club Marconi e alla comunità. Li presentiamo qui, in ordine di anzianità, e a loro dedichiamo questi momenti di festa, memoria e riconoscenza.
Antonio Fornasier (medaglia n. 39), nato il 31 dicembre 1933 a Possagno (Treviso), lo stesso paese che diede i natali al celebre scultore Antonio Canova, emigrò in Australia nel 1951 in cerca di nuove opportunità e di un futuro migliore. Solo pochi anni dopo, nel 1955, rispose con entusiasmo alla chiamata del presidente Oscar Michelini, che lo invitò a unirsi al neonato club come socio fondatore. Antonio contribuì subito con 50 sterline, consegnandole al tesoriere Provino Sartor, dimostrando grande fiducia e dedizione al progetto. Il club divenne per lui molto più di un semplice punto di ritrovo: era un luogodove incontrare amici e paesani, scambiare idee e pianificare il futuro. La sua partecipazione fu attiva e costante, ricoprendo ruoli nel comitato direttivo per molti anni. Fu inoltre uno dei promotori e il primo presidente dell’Associazione dei Trevisani nel Mondo Sezione di Sydney. Tra i primi sostenitori e promotori della sezione calcio del club, insieme a Felice Zadro, Lorenzo Sartoretto, Remigio Mauro e altri pionieri, con grande lungimiranza, capì fin da subito che quel piccolo club sarebbe diventato un punto di riferimento non solo per la comunità italiana, ma anche per tante altre etnie presenti in Australia. Il suo impegno costante è stato quello di far diventare il club un simbolo del contributo degli italiani alla società australiana e un centro di memoria, cultura e solidarietà.
Sergio Corolla (medaglia n.84), nato il 30 agosto 1934 a San Marzano Oliveto (Asti), immigrato in Australia in giovane età portò con sé il bagaglio culturale della sua terra natale e la speranza di costruire un futuro migliore in una nuova patria. Con l’incoraggiamento del suo futuro suocero, Sebastiano Crestani (medaglia n. 19) partecipò attivamente alla fondazione del club. Fu uno dei primi a contribuire concretamente con una donazione di 50 sterline e con la sua musica, elemento fondamentale nella vita della ‘Baracca’, il capannone da cui tutto ebbe inizio. Sergio era infatti il musicista delle serate danzanti dei fine settimana, momenti di festa e socializzazione che favorirono la nascita di amicizie e legami profondi. Suonare alla cerimonia d’inaugurazione del club, alla presenza dell’allora primo ministro Gough Whitlam, fu per lui un grande onore e uno dei ricordi più vividi della sua vita. La ‘Baracca’ prima e il Club Marconi poi, diventarono per lui e per tanti altri una seconda casa, luogo di ritrovo, festa e solidarietà. Ricorda ancora con affetto le gite a Shark Island, i picnic con le castagne, le feste di Natale e i momenti trascorsi con le famiglie, consapevole di quanto quei momenti abbiano formato non solo una comunità, ma anche una nuova generazione di italo-australiani orgogliosi delle proprie radici. Ai nostri giorni Sergio guarda con orgoglio all’evoluzione del Club Marconi, divenuto simbolo di successo e integrazione, e si commuove ogni volta che ne varca la soglia. Da una semplice ‘baracca’ a un’istituzione culturale: il percorso è stato lungo, ma ricco di significato.
Antonio Sidonio Crestani, nato il 10 novembre 1934 a Tortima (Vicenza), nel 1948, a soli 14 anni, emigrò con la famiglia in Australia, stabilendosi in una fattoria a Horsley Park. In quegli anni, la zona era abitata da molte famiglie del Nord Italia che, condividendo lingua, usanze e tradizioni, iniziarono a riunirsi regolarmente per coltivare un senso di comunità e appartenenza. Fu in questo contesto che nacque l’idea di creare un circolo ricreativo italiano. Antonio, ancora giovane ma profondamente legato alle sue radici, fu tra coloro che credettero in questo sogno e vi contribuirono concretamente, offrendo la somma di 50 sterline per diventare socio fondatore del Club Marconi. Conserva tuttora ricordi vividi e affettuosi di quel periodo: i balli del sabato e della domenica sera, le partite di bocce al bocciodromo e, soprattutto, la gioia di stare insieme agli amici. Per Sidonio, il Club Marconi non fu solo un luogo d’incontro, ma un punto di riferimento identitario, simbolo del successo e dell’integrazione degli italiani in Australia. Oggi, guardando alla straordinaria evoluzione del Marconi, Sidonio esprime con orgoglio il desiderio che esso continui a prosperare, mantenendo viva la cultura e le tradizioni italiane per le generazioni future.
Joseph Marin (medaglia n. 72) è nato il 30 settembre 1935 a Sydney, ma con radici profonde a Corbolone (Venezia). Furono i suoi genitori, originari della piccola frazione di San Stino di Livenza, a trasmettergli l’amore per le tradizioni italiane. Suo padre fu anche colui che lo spronò a diventare socio del club. Come tutti, versò il contributo minimo di 50 sterline. All’epoca il club era un luogo dove ritrovarsi con altre famiglie, parlare dei propri paesi d’origine, stringere nuove amicizie e, naturalmente, giocare a bocce. Uno dei suoi migliori amici è stato Sidonio Crestani, con il quale ricorda ancora vividamente le infinite sfide a Ten Pin Bowling. Mai avrebbe immaginato, in quegli anni lontani, che il piccolo e accogliente club sarebbe diventato così grande e così importante per la comunità italiana. Joseph è molto orgoglioso di quello che è diventato. È per lui una grande soddisfazione personale sapere di essere stato uno dei soci fondatori. Purtroppo, tanti amici di quel tempo non ci sono più e non hanno fatto in tempo a vedere i progressi fatti in questi ultimi anni. Si augura che il club continui a crescere e che ci sia un ricambio generazionale tra i soci d’origine italiana. È importante, sottolinea, mantenere vive le tradizioni del nostro paese e promuovere la cultura italiana, per non perdere mai il legame con le nostre radici.
Elido Bortolazzo (medaglia n. 816), nato il 3 febbraio 1936 a Crespano del Grappa (Treviso), arrivò in Australia portando con se la voglia di lavorare, costruire e mantenerevive le tradizioni delpaese d’origine. All’inizio gli venne assegnato un numero di medaglia tra i primi ‘60 – purtroppo non ricorda più il numero esatto –, ma dopo aver trascorso un anno in Italia tra il 1966 e il ‘67, al suo ritorno scoprì che quel numero era stato assegnato a un altro socio. Così dovette accettare il nuovo numero 816. Elido lavorava nel suo podere coltivando verdura e ricorda bene quando, nel 1957, Provino Sartor venne a trovarlo chiedendoli un contributo di 50 sterline per il club. Era un periodo in cui non c’erano molte occasioni di svago, e proprio per questo nacque il desiderio di creare un luogo di ritrovo per la comunità. Le prime serate del sabato erano momenti di grande gioia: si ballava con le mogli o le fidanzate, c’era anche una saletta per i bambini. La domenica, invece, si giocava a bocce e ci si ritrovava tra amici e paesani. Mai Elido avrebbe potuto immaginare che il piccolo club sarebbe diventato così grande e importante. Oggi guarda con orgoglio a ciò che è stato costruito, ma con una certa preoccupazione per il futuro. I nostri figli sembrano meno coinvolti, dice Elido, il suo maggiore partecipa ogni tanto alle feste, ma il più giovane non mostra interesse. La sua speranza è che il club continui a vivere e a crescere, ma teme che la mancanza di un ricambio generazionale possa rappresentare un problema serio negli anni a venire.
Giovanni Piva (medaglia n. 90) è nato a Velletri (Roma) il 19 novembre 1937, ma la sua infanzia si svolse a Latina, dove i suoi genitori si erano trasferiti da Musano (Treviso) nel 1932. La vita in Italia era dura e, come molti giovani dell’epoca, Giovanni guardava all’estero con speranza. Così, nel 1955, all’età di 17 anni, partì per l’Australia in cerca di opportunità, lasciandosi alle spalle famiglia, affetti e una terra ancora segnata dalla guerra. Con sé aveva pochi soldi e tante speranze. Versò 80 sterline, più la quota d’iscrizione, per entrare a far parte di un gruppo che presto avrebbe fondato uno dei primi club italiani della zona. Nel 1957, Provino Sartor, noto per la produzione di ottimo vino, lo coinvolse nella fondazione ufficiale del club. Ognuno dei soci ricevette una medaglia con un numero, che corrispondeva alla ricevuta del prestito: un simbolo d’appartenenza e d’orgoglio. Per Giovanni, quel luogo divenne presto una seconda casa. Ricorda anche ai giorni nostri, con affetto, i pomeriggi passati a giocare a bocce, le conversazioni con gli amici su lavoro, vita e speranze, e i sabati sera, quando il club si trasformava in una sala da ballo piena d’allegria. Fu proprio lì che conobbe la moglie, un incontro che descrive come indimenticabile. Quando aderì al progetto, pensava che avrebbero costruito solo qualcosa di meglio della vecchia baracca dove si riunivano. Mai avrebbe immaginato che quel club sarebbe diventato così grande e importante per la comunitàitaliana in Australia. Oggi, guardando indietro, Giovanni si dice fiero di aver fatto parte di quel sogno collettivo. Il suo augurio è che il club continui a crescere, mantenendo vive le tradizioni e la cultura italiana, affinché anche le future generazioni possano sentirsi parte di una storia che attraversa oceani e unisce cuori lontani.