“Questa non è la prima risposta comunitaria alle difficoltà economiche e psicologiche in cui si sono trovati i nostri giovani – ha esordito Marco Fedi, direttore del Co.As.It. di Melbourne, in un intervento su Rete Italia giovedì scorso, a fianco del console generale Pierluigi Trombetta -. La prima risposta è arrivata da varie organizzazioni comunitarie, poi dal Nomit, con il nostro sostegno. Ora c’è un passaggio ulteriore a una fase più strutturata, anche sotto il profilo dei controlli e della burocrazia”.

Nel sottolineare l’eccezionalità della convenzione stipulata tra Co.As.It. e Consolato, il console Pierluigi Trombetta ha ricordato che sebbene le autorità diplomatiche nel mondo abbiamo sempre dato assistenza, anche finanziaria, ai propri connazionali, l’attuale emergenza pandemica richiede un intervento straordinario. “Pensiamo soprattutto ai giovani di nuova migrazione che lavorando nel settore dell’ospitalità hanno in gran parte perso il lavoro. Nella prima parte della crisi il Consolato ha cercato di aiutarli a partire, grazie a degli sconti con la Qatar. Questo ha di fatto sgonfiato molto il problema, perché migliaia di ragazzi hanno purtroppo dovuto lasciare l’Australia. Però ora ci troviamo, con la seconda ondata che ha colpito Melbourne e il Victoria, con la situazione grave di chi è rimasto perché giustamente vuole perseguire il sogno australiano, e ora ha un momento di difficoltà. C’è un dovere morale di venire incontro alle necessità di questi giovani. Per questo, Consolato e Co.As.It. hanno deciso di unire le proprie forze, contribuendo finanziariamente alla pari a un’iniziativa per gestire insieme il problema che non poteva essere affrontato in maniera isolata da nessuna delle due istituzioni”.

Resta d’altronde difficile avere il quadro generale di quanti giovani di nuova emigrazione siano ancora in Australia e in quali condizioni di difficoltà. “Non abbiamo un dato realistico sulla loro presenza perché molti di loro - spiega Fedi -, con i quali i nostri operatori in questi giorni stanno dialogando, non sono registrati al Consolato Generale di Melbourne. Sono ‘sconosciuti’. Questo significa che le verifiche dovranno essere un po’ più approfondite. Dovremo infatti rivedere il nostro auspicio iniziale, che era quello di poter erogare un contributo immediato in poco tempo, e fare qualche controllo in più per coloro che non sono registrati. Chi lo è già avrà invece un percorso facilitato. Ma questo dato è anche indice di quello che è avvenuto in questi anni con il flusso di nuova emigrazione verso l’Australia. In molti casi il visto vacanza-lavoro è diventato un modo di sfuggire alla situazione di difficoltà economica in Italia, ma si è poi visto che l’Australia in pieno Covid-19 ha escluso il sostegno a questa tipologia di residenti. Quindi noi dovremmo chiedere da un lato al governo italiano di avere più attenzione verso queste tematiche – e questi aiuti ne sono il segnale - e dall’altro al governo australiano di evitare di trasformare  un esercito di giovani in uno sfruttamento delle loro qualifiche e capacità lavorative, senza offrire alcun tipo di protezione”.

Il console Trombetta si premura quindi di sottolineare che anche chi non è iscritto all’Aire può fare richiesta degli aiuti finanziari: “L’emergenza prevale sulla burocrazia, evidentemente. La registrazione all’Aire è un obbligo di legge, ma è anche importante per noi, per avere il quadro della situazione. È anche un vantaggio perché significa evitare di pagare le imposte italiane. E per chi torna in Italia ci sono dei benefici sempre di natura fiscale”.

La procedura necessaria per fare richiesta degli aiuti finanziari, per un massimo di 500 dollari a persona è molto semplice, e consiste nel riempire un modulo di registrazione raggiungibile dalla home page del sito del Co.As.It., allegando una foto del passaporto e/o altri documenti atti a consentire una prima valutazione della situazione finanziaria. Seguirà un telefonata di verifica e un ulteriore controllo da parte del Consolato. “Abbiamo stabilito un massimo di 500 dollari, ma in alcuni casi di situazioni molto più complesse, previa verifica, facciamo firmare una condizione d’indigenza nel pieno rispetto delle norme italiane e australiane e possiamo riuscire a superare quel limite. D’altronde non è un ‘fondo senza fondo’, e vorremmo garantire a tutti di accedere a un minimo di sostegno”, conclude Marco Fedi.