ADELAIDE - Lo scorso 19 giugno ARIA, l’associazione dei ricercatori italiani all’estero, ha organizzato un altro webinar, questa volta dal titolo ‘How (not) to communicate science’, ‘Come (non) comunicare la scienza’, a cura del dottor Jacopo Pasotti, in collegamento dalla Svizzera, giornalista scientifico pluripremiato, nonché fotografo e autore di numerosi libri.

Pasotti ha conseguito un master in Comunicazione Scientifica presso l’Australian National Centre for the Public Awareness of Science a Canberra, è stato poi anche Distinguished Fellow all’RMIT di Melbourne e più recentemente è stato invitato a far parte del gruppo di comunicazione scientifica dell’Università di Perth. È specializzato in scienza, ambiente e relazioni sociali. I suoi articoli sono stati pubblicati sul  National Geographic, GEO, Wired, El Pais, Deutsche Welle, Die Zeit e Science. Tiene lezioni di scienze della comunicazione in Svizzera e Italia.

Durante l’incontro con ARIA, Pasotti ha presentato un caso di comunicazione scientifica fuorviante su un argomento molto attuale, quale il cambiamento climatico, diffuso da una famosa università e che ha creato una serie di malintesi e probabili manipolazioni da parte della stampa. L’obiettivo di Pasotti durante la conferenza online era quindi spiegare ai ricercatori come comunicare i risultati scientifici ai non addetti ai lavori, alla stampa in particolare, soprattutto su argomenti scottanti e che già di per sé suscitano accese controversie. Pasotti infatti ha raccontato di un fatto che lo ha colpito molto. Una mattina sulla sua pagina Google, durante la colazione, gli è balzata all’occhio una notizia che lo ha sorpreso: si stava andando incontro a un’altra era glaciale, in un momento storico in cui, si sa, il vero problema dei cambiamenti climatici sta provocando il riscaldamento globale, non certo il raffreddamento. Questa notizia ha fatto scattare un allarme in Jacopo: qual era il punto? Si trattava di fake news, di un malinteso, di manipolazione, superficialità, mancata competenza?

Ognuno di noi apprende le notizie “indossando i propri occhiali” ma qui si trattava di una notizia sbagliata, arrivata dall’Università di Chicago e ripresa da un comunicato stampa. Jacopo allora ha deciso di partire proprio dal comunicato stampa originale e da lì ha iniziato a intuire cosa potesse essere successo: il comunicato semplicemente non era chiaro, c’erano degli accenni a notizie che avrebbero potuto confondere lettori estranei al campo di studio. Per questo, il primo messaggio di Pasotti va proprio agli scienziati: fondamentale la chiarezza della notizia, nelle prime righe si deve andare al punto, in parole semplici, concise, esplicite. Perché il pericolo è non solo il malinteso ma anche la manipolazione, soprattutto su temi particolarmente dibattuti e dai potenziali risvolti politici.

La comunicazione poi, nei tempi moderni, è globale e ogni notizia può essere ripresa da diversi testate e persino agenzie che a loro volta, come una cassa di risonanza, diffondono e moltiplicano la notizia. Si crea così un fenomeno a valanga, difficile da rettificare, difficilissimo da fermare e gli scienziati che si lanciano nella mischia creano ancora più tensioni, anche all’interno della stessa comunità scientifica.

È appurato che fermare le polemiche, mantenere i toni moderati e soprattutto rettificare una notizia sbagliata è quasi impossibile, quantomeno molto arduo. Jacopo Pasotti ha quindi in qualche modo ‘assolto’ il mondo dei media: i giornalisti non sono e non possono essere esperti di ogni argomento di cui scrivono, soprattutto non ci si può aspettare elevata competenza in campo scientifico, pochi sono i giornalisti scientifici come Pasotti. In più, i giornalisti più ‘generici’ non avrebbero nemmeno il tempo, come alcuni scienziati chiedono, di prepararsi in ogni campo che affrontano e di cui scrivono. Resta il fatto che il mondo diventa sempre più specializzato. Che fare quindi?

Jacopo Pasotti auspica che in un futuro si punti ad aumentare la competenza scientifica dei media. Si tratta di un’esigenza contingente, perché proprio attraverso la stampa passa la maggior parte della cultura alla popolazione adulta media per cui proprio i media sono la prima fonte di informazione scientifica, pochi infatti sono gli adulti che visitano i musei, specifica Jacopo.

Al seminario online hanno partecipato una decina di persone, tra studenti e ricercatori, dall’Australia all’Europa, tra cui Anna Maria Fioretti da Canberra, addetta scientifica dell’Ambasciata, Ilaria Stefania Pagani da Adelaide, presidente di ARIA.

Il professore Marcello Costa ha ricordato che proprio ad Adelaide esiste l’Australian Science Media Centre, a disposizione dei media per meglio comprendere le notizie scientifiche. Si tratta però di un fiore all’occhiello del South Australia, come ha spiegato anche Jacopo Pasotti, poche nel mondo queste organizzazioni. In Italia per esempio, malgrado i numerosi tentativi, non ancora è stato possibile crearne uno.

Tre però sono gli ostacoli per i giornalisti nel rivolgersi a questi centri, secondo Pasotti: i tempi di pubblicazione richiesti dalle redazioni e dalla concorrenza, gli stipendi che non permettono di dedicare “troppo tempo” a una singola notizia e spesso anche la non conoscenza di questi centri. I mali che affliggono la nostra società moderna: tempo, volontà e risorse.