“Mai prima d’ora l’Australia ha avuto un primo ministro con una tale patologica determinazione di evitare qualsiasi tipo di responsabilità. Ogni sua azione, ogni decisione gli viene quasi strappata a forza e, il più delle volte, nonostante tutti gli sforzi che vengono fatti, alla fine sbaglia comunque. Ed è sempre troppo poco e sempre troppo tardi”.
L’ha detto Anthony Albanese in un intervento al Circolo nazionale della stampa, in gennaio del 2022, parlando di Scott Morrison. Considerazioni sull’avversario che Peter Dutton, andando a riascoltarle, potrebbe essere tentato di farle sue nella campagna elettorale del prossimo anno.
Il primo ministro la scorsa settimana ha ceduto: dopo quattro giorni di frasi di rito a distanza, ha fatto tappa a Melbourne per prendersi un minimo di responsabilità per un crescente antisemitismo.
Più di un anno di continue rumorose manifestazioni nelle principali città australiane, di numerosi atti di intimidazione nei confronti degli ebrei, fino all’attacco definito dalla polizia federale ‘terroristico’, con l’incendio della sinagoga di Ripponlea, a Melbourne, a cui ha fatto seguito un altro attacco provocatorio e vandalico a Sydney.
Dopo giorni di attesa, Albanese ha deciso di affrontare la realtà della situazione che si è creata nel paese ed è arrivata una presa di posizione vera, una condanna ferma e decisa, senza andare a cercare qualche tipo di prudente equilibrio mettendo, come quasi sempre nel passato, sull’altro piatto della bilancia il pericolo dell’islamofobia. Questa volta il capo di governo non poteva tirarsi indietro: troppo poco e troppo tardi?
Forse, specie in alcuni collegi che, dopo la parentesi teal (resa possibile dai voti preferenziali dei verdi e dei laburisti), potrebbero tornare, anche per il fattore divisioni e tensioni all’interno del loro elettorato, nelle mani dei liberali (Kooyong, Curtin, Goldstein, Wentworth).
Potrebbe non essere troppo tardi invece per il primo ministro per recuperare un po’ di ‘terreno economico’, se la Banca centrale dovesse far scendere i tassi d’interesse già il prossimo febbraio, anche se gli ultimi dati arrivati dal fronte occupazionale non aiutano: giusto in tempo per poter dire, con non poco coraggio (ma ai politici quando conviene non manca), che il suo governo è riuscito a domare l’inflazione e che è sulla strada giusta per vincere il lungo braccio di ferro con i prezzi, dopo aver saputo trovare tutti gli equilibri possibili per evitare la recessione, con aiuti mirati contro il carovita e tagli fiscali ritoccati a favore di quanti più australiani possibile all’insegna del suo impegno per una maggiore equità sociale.
Albanese è convinto di avere fatto centro anche con il programma pro famiglie con bambini in età pre scolare, grazie alla riforma che dovrebbe portare all’ambizioso piano dei servizi per l’infanzia garantiti e quasi gratuiti.
Dita incrociate invece affinché il caldo di un’estate partita in grande spolvero, non metta in evidenza i rischi della strategia energetica dell’avanti tutta adottata da Chris Bowen che ha già cominciato a ridicolizzare, in fatto di costi preventivati e fattibilità, il piano d’alternativa della Coalizione imperniato sullo sviluppo dell’energia nucleare. Decisamente un rischio quello di Dutton perché il tema è divisivo, con gli Stati contro, e i cittadini e le imprese solo in parte interessate all’ennesima strategia a lungo termine quando la priorità è quella delle bollette impossibili di questi ultimi anni.
Per catturare veramente l’attenzione degli australiani servono risposte più immediate sui costi, da abbassare, dell’energia e garanzie di servizio. Albanese si guarderà bene di ripetere l’errore del 2022 con quella promessa dei 275 dollari in meno delle bollette energetiche che non sono mai arrivati, anzi. E Dutton ha promesso la prima centrale atomica per il 2035-36 sulla strada di quella famosa quota zero di emissioni nette del 2050 da ottenere con un mix nucleare e rinnovabili.
Per gli elettori e le imprese, in questo caso, il futuro è domani e poco importa dei piani per il 2030-40 o 50. Il nucleare è un’idea lontana come i traguardi di Bowen sull’energia pulita fornita esclusivamente dalle rinnovabilie tutti i calcoli di agenzie specializzate su costi miliardari lasciano il tempo che trovano: presunti ‘risparmi’ milionari puntando su un progetto o l’altro, ben sapendo che le cifre sciorinate oggi quasi sicuramente non saranno comunque quelle reali del 2040 e 50. I cittadini vogliono invece sapere quando pagheranno di meno per gas e elettricità e vogliono soprattutto avere la garanzia di avere sempre a disposizione gas ed elettricità.
Chi presenterà il piano migliore, perlomeno il più credibile sul fronte dei prezzi per i prossimi cinque o al massimo dieci anni, guadagnerà i più importanti punti elettorali del 2025. Il nucleare non farà né vincere né perdere le elezioni a Dutton e neanche ad Albanese.
Poi ovviamente tutto conta e tutto aiuta: probabilmente poco in termini di voti, e non per una mancanza di rispetto a qualcuno, se ci saranno o non ci saranno le bandiere aborigena e quella delle popolazioni delle Isole di Torres durante le conferenze stampa di un primo ministro liberale. Le tre bandiere sono una novità, apprezzata sicuramente dai diretti interessati, introdotta da Albanese dopo la sua vittoria del 2022.
Dutton ha promesso un passo indietro ritornando alla sola bandiera australiana dietro al podio delle conferenze stampa se la Coalizione vincerà le prossime elezioni: un simbolismo, sicuramente non essenziale, giusto per fare un piccolo punto all’insegna dell’evitare presunte divisioni a cui la maggior parte degli australiani probabilmente non hanno mai pensato, fino a quando il leader liberale ha dichiarato che le voleva evitare.
Ma ognuno sceglie le sue battaglie: nell’agenda elettorale dello sfidante ci saranno sicuramente sicurezza nazionale, immigrazione, relazioni industriali, centrali nucleari; in quella del governo, sanità, Medicare, cambiamenti climatici, edilizia popolare, servizi per l’infanzia. Per entrambi, inevitabilmente: carovita, economia ed energia. La base di partenza, mercoledì, con la presentazione, da parte del ministro del Tesoro Jim Chalmers, del documento di revisione di metà anno.