L’artista Giulia Cenci è stata a Buenos Aires per l’istallazione della sua opera backland#2, nella sala 7 del Centro Cultural Recoleta, curata da Eugenio Viola, PhD e Capo Curatore del Museo di Arte Moderna di Bogotá. Un sodalizio artistico ben collaudato, visto che Viola è stato anche curatore del Padiglione Italia alla 59a Biennale di Venezia, dove era stata esposta dead dance di Cenci, un percorso di centocinquanta metri sotto una struttura di alluminio reciclato, su cui erano montate sculture anatomiche fatte con cemento e rottami di macchine per l’agricoltura industriale.
La presenza dell’artista a Buenos Aires è stata possibile grazie all’appoggio dell’Istituto Italiano di Cultura (IIC). Malgrado Giulia, che vive e lavora fra l’Olanda e l’Italia, avesse pochissimo tempo a disposizione per venire in Argentina, ha voluto a tutti i costi partecipare all’inaugurazione. In un mondo globalizzato può sembrare superflua la presenza dell’artista per l’allestimento di una esposizione, ma in questo caso si è dimostrato assolutamente necessario, dato che gli artigiani forniti dal centro culturale non erano stati in grado di riprodurre la sua visione originale.
Cenci utilizza materiali e tecniche molto diversi fra loro e quindi sa anche saldare, abilità che è stata fondamentale per comporre l’istallazione al Centro Cutural Recoleta. Con l’aiuto del personale dell’IIC, si è occupata personalmente di costruire le strutture di ferro di backland#2.
È molto difficile trasmettere a maestranze di un altro paese, cultura e lingua la propria visione e ogni dettaglio di un opera d’arte è stato pensato in un certo modo comunicare una sensazione specifica: nonostante le nuove tecnologie pervadano in ogni aspetto delle nostre vite, l’arte plastica resta un mestiere manuale.
Così, certe richieste ed esigenze dell'artista, che possono sembrare capricci creativi, sono in realtà necessarie per riprodurre le caratteristiche che compongono un progetto e che, se non venissero rispettate, produrrebbero un'opera completamente diversa.
Giulia Cenci ha un linguaggio estetico proprio e autentico, che si può descrivere con molte parole: post-apocalittico, macabro, attuale, interdisciplinare.
Ma il senso dell’opera è racchiuso nella sua stessa materialità e può essere capito solo davanti all’istallazione, così come è stata immaginata da lei. La sua riscerca si centra sulla sintesi fra uomo, natura e tecnologia, studiando l’anatomia degli esseri organici e giocando sulle similitudini con elementi industriali, che sono sempre recuperati da scarti. Le figure risultanti sembrano scheletri di animali ibridi che lei chiama chimere, e vengono presentate in un contesto industriale che ricorda un cantiere, con strutture di ferro di volta in volta create per il luogo dove sono esposte.
Sarà possibile visitare backland#2 fino a domenica 18 giugno, nella sala 7 del Centro Cultural Recoleta.