La mostra “Prima Materia”, presso   il Bundoora Homestead Arts Centre,  prende il nome dal principio alla base della tradizione alchemica di trasformazione dei metalli, ovvero la scoperta della Pietra Filosofale, dalla quale tutto il mondo fenomenico ha avuto inizio.  
Gli otto artisti invitati a partecipare alla mostra - Julie Gough, Alicia King, Linda Persson, Andre Piguet, Michael GF Prior, Yhonnie Scarce, Vittoria Di Stefano e Zilverster - sono stati selezionati dalla curatrice Emily Jones per come le lore opere rimandano ai   processi di creazione e distruzione della pratica alchemica. 
L’artista di origini italiane, Vittoria Di Stefano, ha alle spalle una lunga ricerca fondata sull’uso di materiali non convenzionali, come rossetti, ceretta, sapone e ombretti. “Il mio studio – racconta l’artista – assomiglia forse al laboratorio di uno scienziato pazzo. Cerco di creare le condizioni affinché questi materiali, combinati insieme o a sé stanti, sottoposti a una fonte di calore, reagiscano spontaneamente. Sono molto affascinata dal processo ‘alchemico’ di scoperta che ne consegue”. 
Si viene così a instaurare prima un dialogo tra i diversi materiali e poi con lo spettatore: “Avviene qualcosa di veramente suggestivo quando ci si confronta con un’opera non figurativa composta di sostanze un po’ strane, che nel tempo possono anche mutare, venarsi di crepe, sudare, degradarsi”. Sono opere che scatenano nello spettatore reazioni intellettuali ma anche corporee. I materiali stessi sono molto evocativi: i rossetti e i saponi hanno una qualità traslucida che combinata ai colori pastello prediletti dall’artista scatenano talvolta impulsi orali.
Vittoria Di Stefano è sempre stata affascinata dalle qualità artistiche di materiali non tradizionali. Da bambina amava creare pozioni nella vasca da bagno con shampoo e balsami. Ma solo recentemente ha tramutato la sua fascinazione per colori e sostanze solitamente associati a un mondo iper-femminile (come il rosa, il rossetto, la ceretta) in un’esplorazione teorico-artistica delle problematiche di genere, in cui la rappresentazione di pratiche per abbellirsi e purificarsi vuole evocare in modo più critico il tema del corpo della donna.
Talvolta Di Stefano trae ispirazione dal confronto con uno dei tanti artisti maschili che dominano il suo corso di Arte Moderna presso l’università RMIT. 
Per “Prima Materia” l’artista ha scelto di dialogare con un’opera di Marcel Duchamp, La sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche, meglio nota come Il grande vetro,  un’opera concettuale realizzata con due lastre rettangolari di vetro disposte in verticale, rappresentanti una Sposa, l’oggetto del desiderio, e i suoi corteggiatori. Intitolata The Bride’s Room e collocata, non a caso, nella ex camera matrimoniale della villa di Bundoora, l’opera di Di Stefano trasforma la Sposa da “oggetto” a “soggetto attivo”, impegnato a ricostruire, attraverso alcuni oggetti posti a corredo dell’opera, la propria frammentata identità.
La mostra è stata inaugurata sabato, con un intervento della direttrice della Benalla Art Gallery, Bryony Nainby, e sarà visitabile fino al 7 luglio.
SUSANNA BURCHIELLI