LONDRA - Difesa e sicurezza: “primo compito” del governo, ha dichiarato Keir Starmer, nella sua prima conferenza stampa a Downing street. Il primo ministro laburista neo-eletto ha annunciato che si recherà a Washington per il vertice della Nato di domani, martedì, e che ha già parlato con numerosi leader mondiali da quando è entrato in carica. “Anche con il presidente ucraino Zelensky” ha detto affermando che il Regno Unito continuerà a sostenere l’Ucraina.

I laburisti hanno vinto in maniera schiacciante, con 412 seggi (su un totale di 650), nelle elezioni generali anticipate a fronte di una sconfitta senza precedenti per i conservatori che rimangono con appena 121 deputati. Da buon leader Starmer ha assicurato di voler rappresentare tutti, anche coloro che non hanno votato per lui. “Il Paese viene prima del partito”, ha ribadito in risposta a un giornalista che gli ricordava come il suo partito abbia incassato una super maggioranza grazie al tracollo Tory, ma che tuttavia non sia stato votato “dall’80% circa dei britannici”, includendo i tanti astensionisti. 

Al contrario di lui i conservatori, invece, hanno fatto prevalere “gli interessi di partito” e lasciato situazioni “allo sfascio”. “Fallimenti monumentali” nella sanità (Nhs) e nelle carceri, ha affermato. Ha quindi annunciato le priorità del suo governo: un piano per il rilancio della “crescita economica”, primo fra tutti quello del servizio sanitario, promettendo migliaia di nuove assunzioni.  Ma senza ricorrere alla leva di nuove tasse, esclusa anche in campagna elettorale, anche laddove i conti dovessero rivelarsi difficili. Tuttavia si è limitato a ripetere che è pronto ad assumere “decisioni dure” nell’interesse del Paese. 

“Vogliamo essere giudicati dai fatti, non dalle parole”, ha detto il leader britannico. Serve “un cambiamento un Labour nuovo”. Presto “sarò in Scozia, Galles e Irlanda del Nord, perché questo governo ha un mandato pieno”, siamo “il primo partito in Inghilterra, Scozia e Galles”, ha sottolineato. Per quanto riguarda  il controverso “piano Ruanda”, concepito dai governi Tory a scopo dichiaratamente dissuasivo contro l’immigrazione illegale, “è morto e sepolto”, ha confermato il nuovo premier laburista, ribadendo tuttavia l’impegno a contrastare con strumenti diversi gli sbarchi “clandestini”. Quanto alla politica estera, Starmer ha sottolineato di aver già avviato contatti con vari leader stranieri, a cominciare da “Joe Biden e, come detto, Volodymyr Zelensky” (e tra i primissimi anche Giorgia Meloni), insistendo sul suo approccio moderato e di sostanziale continuità sui principali dossier internazionali: in primis il sostegno, anche militare, a Kiev, che “proseguirà” come prima. 

Ed è un governo a trazione moderata, con molti fedelissimi e qualche esponente della cosiddetta “soft left” laburista, la squadra che Starmer, ha formato appena riportato il Labour a Downing Street dopo 14 anni di digiuno. Un team con tante donne e non pochi rappresentanti di minoranze etniche, ma soprattutto un gruppo quasi fotocopia del gabinetto-ombra che lo ha affiancato negli ultimi tempi come leader dell’opposizione, con Angela Rayner come “numero due” con delega all’Edilizia e al Levelling Up (il riequilibro economico e sociale delle aree più svantaggiate del Paese) e Rachel Reeves a capo dell’Economia. David Lammy nuovo capo degli Esteri, John Healey a capo della Difesa, Yvette Cooper all’Interno e il coordinatore della campagna laburista, Pat McFadden, alla guida del Cabinet Office come cancelliere del Ducato di Lancaster, ovvero un ministro senza portafoglio che ha il ruolo di dispensare pareri e consigli al primo ministro. 

E ancora Shabana Mahmood promossa a ministra della Giustizia.Mentre a presidiare il fianco sinistro di un partito ormai depurato da tutti i radicali della corrente che fu di Jeremy Corbyn, salvo una decina di deputati “backbenchers” superstiti come Diane Abbott, Mother of the House in pectore in quanto parlamentare donna con la più lunga anzianità alla Camera dei Comuni nella legislatura entrante, spicca anche il nome di un altro soft leftist in un ruolo chiave: Ed Miliband, già beniamino dei sindacati, oltre che effimero leader di partito preferito in passato al fratello blairiano David, designato alla guida dello strategico settore della transizione verde come ministro dell’Energia e dell’Ambiente. 

Squadra di lavoro affiatata e allineata nelle intenzioni, a cui spetterà il compito di dar corso all’approccio manageriale del “governo di servizio” che sir Keir intende guidare. Il leader laburista ha assicurato che “non si fermerà finché non avrà realizzato il cambiamento” per il quale i cittadini hanno votato. “Il Paese viene al primo posto, e il partito al secondo. E non è uno slogan”.