Sono mesi ormai che in Australia la mancanza di lavoratori sta mettendo in difficoltà molte attività in numerosi settori. Mai come in questo periodo post pandemico, infatti, nel Paese si è verificata una congiunzione di cause che hanno fatto sì che molti lavoratori con visti temporanei abbiano lasciato il Paese mettendo in ginocchio tanti datori di lavoro.
Il governo federale, guidato da Morrison prima, e da Albanese ora, si è attivato – forse con non molta tempestività – per far fronte a questa situazione non più sostenibile sul lungo periodo. Nonostante l’attuale ministro dell’Interno, Clare O’Neil, neanche un mese fa abbia rassicurato sul dare la precedenza ai lavoratori australiani ove possibile, sono entrati in vigore diversi cambiamenti sui visti volti a favorire il ritorno e la permanenza di quei lavoratori stranieri tanto ricercati da quando il Paese è uscito dai lunghi mesi di lockdown.
Alessia Comandini, avvocato di Comandini Migration Services, a Sydney, ci ha aiutato a individuare i cambiamenti principali che potrebbero interessare i giovani italiani che desiderano tornare o rimanere downunder.
Una delle novità principali riguarda senza dubbio il Working Holiday Visa (417), per il quale è stato innalzato il limite di età dai 31 ai 35 anni. Inoltre, per chiunque possa dimostrare di avere avuto un Working Holiday Visa durante il periodo della pandemia di Covid-19 e, quindi, non ne è riuscito a sfruttare appieno il potenziale, avrà la possibilità di richiederne un altro gratuito. “Le persone interessate devono dimostrare che nella data del 20 marzo 2020 si trovavano in Australia con visto Working Holiday attivo – ha precisato l’avvocato –. Il governo, così facendo, vorrebbe premiare quelle persone che erano venute nel Paese per viaggiare e lavorare ma che, a causa della pandemia, e quindi dei conseguenti lockdown e restrizioni, si sono ritrovati impossibilitati a farlo”. Inoltre, sempre a riguardo del Working Holiday Visa, è stata allungato il periodo per lavorare per lo stesso datore di lavoro. “Normalmente era di sei mesi, ora invece può durare di più – ha spiegato –. Questa manovra non solo va incontro alle esigenze dei richiedenti del visto, ma anche ai proprietari di attività e business”.
Per chi detiene invece uno Student Visa, ora c’è la possibilità di poter lavorare a tempo pieno (full time), non più con il limite di 20 ore settimanali come era in passato. Questa concessione è valida sia per l’intestatario del visto (main applicant), sia per chi ne dipende indirettamente (dependant) e, però, durerà fino a giugno 2023.
Un ulteriore cambiamento riguarda il Temporary Graduate Visa (485) e mira a premiare coloro che hanno studiato in Australia durante la pandemia e che, quindi, non hanno lasciato ma hanno portato avanti il loro percorso di studi nonostante le difficoltà del periodo. “Questo visto normalmente viene concesso a coloro che hanno studiato in Australia per almeno due anni per una qualifica che sia collegata a un’occupazione che sia sulla medium o long term list – ha spiegato l’avvocato –. Quindi per esempio, rientra in questa categoria l’occupazione di chef. Ora è stata rimossa questa restrizione, l’importante è che, da parte del richiedente del visto, venga soddisfatto l’Australian Study Requirement. In questo modo, si avranno diritto a due anni di visto 485 con diritto di lavoro full time che permettono, così, di sviluppare esperienza lavorativa nel Paese”. Tuttavia, anche questa temporanea facilitazione sarà valida fino a giugno 2023.
Infine, sono stati annunciati cambiamenti per quanto riguarda gli Skilled nominated Visa (190). Lo Stato del Victoria ha adottato un approccio più ampio, iniziando a nominare molti candidati eleggibili in tante occupazioni. Il New South Wales, invece, come spiegato dall’avvocato, ha mantenuto i criteri per l’assegnazione di questo visto molto alti, soprattutto per quanto riguarda la conoscenza della lingua inglese anche per professioni manuali, rendendo così l’ottenimento del 190 talvolta un obiettivo quasi irraggiungibile per molte persone. “Inoltre, per il visto richiesto nelle aree regionali (491), vengono chiesti dei punteggi più alti rispetto, per esempio, a quelli richiesti per Sydney – ha spiegato Comandini –. Questo per me è sconcertante, bisognerebbe incentivare le persone verso queste aree, così invece si rischia di scoraggiarle”.
Quasi tutti i cambiamenti elencati fino ad ora sono stati annunciati a livello federale, mentre quelli sui visti 190 sono di competenza più statale, in quanto ogni Stato si riserva il diritto di inserire i punteggi e i criteri di selezione. “È stato annunciato che il Victoria (con 9mila posti) e il New South Wales (con 7.160 posti) saranno i primi due Stati per quanto riguarda il numero di visti disponibili in questa categoria: devo dire che questo aiuterà molto la popolosità di queste aree. Tuttavia, le regole sono ancora molto confuse e complicate, e il fatto che ogni Stato le diversifichi non aiuta”, ha dichiarato l’esperta.
“Personalmente non credo che queste siano delle manovre molto importanti e che possano avere un impatto molto ampio, a parte forse l’innalzamento dell’età per quanto riguarda i Working Holiday Visa – ha concluso Alessia Comandini –. Credo, infatti, che si tratti di piccoli palliativi. Un cambiamento interessante sarebbe stato quello di eliminare le liste di occupazioni e ampliare la platea dei singoli candidati per la residenza permanente, cosa che invece non è accaduta. La situazione è comunque tuttora sotto osservazione e in evoluzione, quindi attenderemo di vedere se ci saranno ulteriori concessioni nei prossimi mesi”.