FIRENZE - La prima sezione penale della Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da Amanda Knox contro la condanna a tre anni - già scontata - per l’accusa di aver calunniato Patrick Lumumba. 

La trentasettenne americana venne in un primo momento accusata assieme all’allora fidanzato Raffaele Sollecito dell’omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia nel 2007. Entrambi sono stati assolti dalle accuse in via definitiva nel 2015, dopo un lungo iter processuale complicato anche dalla forte pressione mediatica.    

Knox durante le prime fasi delle indagini, in un interrogatorio e sotto forte pressione degli inquirenti, aveva accusato del fatto Lumumba, suo ex datore di lavoro, che pur totalmente estraneo alla vicenda rimase in carcere per quattordici giorni.  

La condanna per calunnia nei confronti della giovane era stata emessa lo scorso giugno dalla Corte d’appello di Firenze, e il caso era arrivato all’attenzione dei giudici toscani dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva ritenuto violato il suo diritto di difesa negli interrogatori in cui accusò Lumumba. 

La procura generale della Corte di Cassazione aveva chiesto la conferma della condanna a tre anni emessa in appello, e secondo il sostituto procuratore generale il ricorso doveva essere respinto perché la Knox avrebbe incolpato il suo ex datore di lavoro, “pur sapendolo innocente”. 

Al Palazzaccio era presente anche Lumumba, che prima dell’udienza aveva scambiato due chiacchiere con i giornalisti.  

“Credo nella giustizia italiana. Amanda ha sbagliato, mi ha calunniato e mi aspetto che la condanna sia confermata, anche se lei non mi ha mai chiesto scusa”, ha dichiarato il denunciante, che conclude augurandosi che sia stata “messa la parola fine a questa vicenda”.