PERTH - Il premier del West Australian, Mark McGowan, si è unito alla critiche del vice premier del Queensland, Steven Miles, su partenze e arrivi di cittadini australiani ‘per e da’ destinazioni estere. 

McGowan ha apertamente espresso il suo disappunto per il notevole numero di australiani che ogni giorno lasciano il Paese per destinazioni oltreoceano, molti di loro per una semplice vacanza abbinata a solo presunti  impegni di lavoro.  Il Premier ha fatto osservare che più di 1500 cittadini del Western Australia si sono recati più volte all’estero durante la pandemia. 

McGowan ha sciorinato i numeri con due, tre ma anche cinque o sei viaggi nell’arco di un anno di coronavirus: “Molti dei quali certamente non necessari - ha detto il Premier -, mettendo a rischio l’intero Paese con la possibilità di fare rientro con il Covid”. 
“Molte persone si prenotano per partecipare a qualche conferenza - ha fatto osservare il leader laburista - e poi si fanno una bella rischiosa vacanza e ingrossano le fila di chi vuol rientrare in Australia. Non è giusto e bisogna intervenire limitando il numero di coloro che possono partire per l’estero”. 
Il capo di governo del WA ha suggerito di inserire nei requisiti per i permessi di lasciare il Paese il ‘passaporto vaccinale’.

Commenti e considerazioni in perfetta sintonia con quelli di Miles che, dal Queensland in lockdown (ora finito),  ha fatto osservare che una persona che ha viaggiato più volte tra l’Indonesia e l’Australia ha infettato con la variante Delta una dipendente 19enne di un’ospedale di Brisbane, contribuendo quindi alle chiusure della scorsa settimana . 

Più di 100mila persone (108mila per l’esattezza) sono partite nel mese di maggio, secondo i dati del ministero dell’Interno, per varie destinazioni estere. Più di 100mila anche gli arrivi, quindi traffico intenso negli aeroporti australiani nonostante la ‘chiusura’ dei confini. Poco meno della metà del ‘traffico’ aereo internazionale riguarda cittadini neozelandesi poi, nell’ordine, le destinazioni più frequentate sono la Cina, il Regno Unito, gli Stati Uniti e l’India.

I premier del Queensland, Annastacia Palaszczuk, e del Victoria, Daniel Andrews, già all’inizio della scorsa settimana avevano aperto il dibattito sugli arrivi in Australia di cittadini e non cittadini destinati a trascorrere due settimane in quarantena - con tutti i noti rischi del caso per l’intero Paese -, chiedendo al governo federale di dimezzare il numero dei ritorni almeno per i prossimi tre mesi. 

Una richiesta che è stata stata accettata da Canberra con l’annuncio di Morrison di venerdì scorso (servizio a pagina 13)  dopo la riunione Intergovernativa nella quale è stata tracciata un linea comune, da finalizzare nei dettagli, per passare dalla strategia della soppressione del virus a quella di una necessaria ‘convivenza’ alzando le linee di difesa con un’accelerazione delle vaccinazioni.