TEHERAN - I raid aerei israeliani contro i siti militari e nucleari iraniani sono l’ennesimo capitolo in una storia di crescenti tensioni dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza. 

L’inizio dell’escalation è partito dal sostegno dell’Iran ad Hamas: “L’Iran sostiene la legittima difesa della nazione palestinese – aveva dichiarato l’ex presidente iraniano Ebrahim Raisi l’8 ottobre 2023, il giorno dopo l’attacco lanciato contro Israele da commando del movimento islamista palestinese . “Il regime sionista e i suoi sostenitori devono essere ritenuti responsabili”.

Il 28 ottobre, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva dichiarato che “il 90% del bilancio militare di Hamas proviene dall’Iran. È questo Paese a finanziarlo, organizzarlo e guidarlo”. 

Successivamente il 25 dicembre 2023 Israele aveva eliminato uno dei comandanti dei Guardiani della rivoluzione, Razi Mousavi, in un attacco in Siria e un mese dopo altri cinque membri, tra cui due alti funzionari, durante in un attacco aereo su Damasco. 

Il 1° aprile 2024, un attacco aereo ha distrutto la sede consolare dell’ambasciata iraniana, uccidendo, secondo Teheran, sette membri dei Guardiani della rivoluzione, tra cui due ufficiali di alto rango. 

L’Iran ha direttamente attaccato Israele quasi due settimane dopo, il 13 aprile, lanciando un attacco con droni e missili contro Israele. È stata la prima operazione militare a prendere di mira direttamente il territorio israeliano dalla fondazione della Repubblica Islamica nel 1979. Le difese aeree israeliane avevano intercettato quasi tutti gli attacchi, con l’aiuto degli Stati Uniti e di altri alleati. Sei giorni dopo sono state segnalate esplosioni nell’Iran centrale di cui Teheran aveva minimizzato le conseguenze senza accusare direttamente Israele, che non ne ha mai rivendicato la responsabilità. 

Il 31 luglio 2024, il leader politico di Hamas Ismail Haniyeh venne ucciso in una residenza nel nord di Teheran dopo aver partecipato alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente iraniano, Massoud Pezeshkian. L’Iran, Hamas ed Hezbollah hanno accusato Israele, che si è assunto la responsabilità dell’eliminazione diversi mesi dopo. Il 27 settembre, il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah venne ucciso in un attacco israeliano nella periferia di Beirut insieme con un generale iraniano dei Guardiani della rivoluzione. 

Quattro giorni dopo la morte di Nasrallah, l’Iran ha lanciato decine di missili balistici contro Israele, un gran numero dei quali venne intercettato. Israele ha, poi, reagito il 26 ottobre con attacchi aerei contro obiettivi militari.  

La scorsa notte, in una dichiarazione diffusa subito dopo aver iniziato l’attacco sul programma nucleare iraniano, l’Idf (Forze di difesa israeliane) ha descritto il ricorso alla forza come un “attacco preventivo”. Secondo la valutazione dei responsabili della sicurezza israeliana riportata dal Times of Israel, il programma militare nucleare iraniano era avanzato fino al punto di rappresentare una minaccia esistenziale. Una minaccia più volte sbandierata da parte di un regime che ha fatto della distruzione di Israele quasi una ragion d’essere. E così dopo anni di minacce mai velate, Eyal Zamir, Capo di Stato Maggiore dell’Idf, in un discorso alla nazione ha detto che la situazione aveva “raggiunto il punto di non ritorno”. 

Proprio ieri l’Aiea, l’organismo di controllo nucleare delle Nazioni Unite, aveva denunciato lo stato di avanzamento del programma di arricchimento accelerato dell’uranio dell’Iran. Benjamin Netanyahu, in un discorso video preregistrato diffuso durante l’attacco israeliano, ha specificato che il regime ora dispone di uranio arricchito sufficiente per nove armi nucleari. Ma, soprattutto, Teheran dispone di missili in grado di raggiungere qualsiasi punto del Paese.  

E, ha affermato il premier, sta compiendo passi senza precedenti verso la “militarizzazione”, ovvero la costruzione della bomba atomica. Secondo la valutazione dell’apparato di sicurezza israeliano, la cifra delle “nove bombe” potrebbe essere una sottostima, il processo di arricchimento potrebbe essere persino più avanzato di quanto riportato dall’Aiea e avrebbe visto test avanzati negli ultimi giorni. 

L’obiettivo degli attacchi israeliani è stato danneggiare profondamente le capacità nucleari dell’Iran, comprese le strutture chiave, i presunti depositi di armi nucleari e i comandanti militari. La valutazione all’interno dell’apparato di sicurezza è che questo fosse il momento giusto e necessario per colpire - prima che l’Iran ricostruisca le difese distrutte nell’attacco israeliano molto meno profondo dello scorso ottobre, e in un momento in cui le informazioni sul programma iraniano sono considerate particolarmente solide.  

Sebbene Netanyahu abbia parlato dell’imminente liberazione del popolo iraniano dalla tirannia, l’obiettivo non è quello di accelerare direttamente un cambio di regime, ma solo di contrastare il pericolo rappresentato dal programma nucleare iraniano. Netanyahu ha anche fatto riferimento al programma missilistico balistico iraniano che è in forte espansione e, a prescindere dalla minaccia nucleare, costituisce di per sé un pericolo esistenziale, in grado di sopraffare le difese militari di Israele. “Non possiamo lasciare queste minacce alla prossima generazione”, ha dichiarato Netanyahu, “perché se non agiamo ora, non ci sarà un’altra generazione”.  

Zamir ha espresso lo stesso concetto in modo più sintetico: l’attacco, ha detto, era “una necessità operativa immediata”, un imperativo, ha aggiunto, “per rimuovere la minaccia strategica e garantire il nostro futuro”. Entrambi hanno avvertito l’opinione pubblica che giorni complessi e difficili attendono Israele e il Paese potrebbe dover affrontare attacchi missilistici iraniani su larga scala, di portata maggiore rispetto ai due round di attacchi con droni e missili iraniani dello scorso anno.