BUENOS AIRES – Come funziona la macchina della giustizia? Quali differenze organizzative esistono tra lo Stato e le diverse Provincie argentine? Quali sono le emergenze con cui il sistema si confronta ogni giorno?

A queste domande ha risposto Julio Conte-Grand, procuratore generale della Corte Suprema della Provincia di Buenos Aires nella Cena del Lunes del 21 ottobre scorso al Círculo Italiano di Buenos Aires.

Forte della sua una lunghissima traiettoria nel settore della magistratura, Conte-Grand ha presentato il progetto istituzionale dell’ufficio del Pubblico nella Provincia di Buenos Aires.

“Nella Provincia di Buenos Aires il Pubblico Ministero è parte del potere giudiziario dello Stato – dice Conte-Grand –. In questo ci differenziamo da Nación, dove il Pubblico Ministero è considerato extra-potere, e dagli Stati Uniti, dove rientra nel potere esecutivo”.

Altra caratteristica peculiare è che l’ufficio del Pubblico Ministero della Provincia di Buenos Aires riunisce tre aree di gestione: i pubblici ministeri propriamente detti, cioè chi rappresenta l’accusa nei processi penali, i difensori civici e l’area tutelare (minori e persone interdette).

“Anche in questo caso ci differenziamo da Nación – aggiunge – e dalla Città di Buenos Aires, dove ognuno di questi tre organismi è indipendente e autarchico”.

Ogni sistema ha vantaggi e svantaggi: riunire i tre settori permette una gestione unitaria, anche se la coabitazione di pubblici ministeri e difensori civici può comportare conflitto di interessi.

La giustizia nella Provincia è una macchina enorme e complessa, con 8700 dipendenti divisi su 20 dipartimenti. La Provincia conta 18 milioni di abitanti, il 40% per cento della popolazione argentina, in un territorio poco più esteso dell’intera Italia. San Nicolás, al Nord, e Carmen de los Patagones (nell’estremo Sud della Pronvincia) sono separate da 1000 kilometri.  

Quali sono le priorità? “La Giustizia si occupa di tutelare interessi generali della società – dice Conte-Grand –. Nel 2017 abbiamo prodotto un nuovo piano strategico, dove mettiamo in primo piano la protezione dei più vulnerabili: minori, disabili, anziani…”.

Sono tre gli assi d’azione: la violenza di genere, il miglioramento della sicurezza in ambito vicinale e di quartiere e la lotta alla corruzione e narcotraffico.

“Il contrasto al narcotraffico è di competenza federale – dice il giurista –. Ma il governo ha proposto che passi alle Province, con uno schema fisso di ripartizione di compiti. La giustizia delle Province che aderiscono al processo di defederalizzazione si occuperanno del micro-spaccio e del commercio locale”. Lasciando allo Stato la lotta alla grande criminalità organizzata.

Su questo tema però non c’è consenso unanime. Molti temono che lasciare alla polizia locale la repressione del piccolo commercio di droga sia un invito a nozze per una maggiore corruzione tra le forze dell’ordine.

“Per quando mi riguarda – chiarisce Conte-Grand – sono favorevole a un’articolazione tra locale e federale, con la formazione di squadre miste di indagini, per evitare gli attuali conflitti di competenze che ritardano processi e azione penale. La lotta alla droga è fondamentale per la sopravvivenza della società stessa. Il consumo e lo spaccio alterano la convivenza e dissolvono i vincoli familiari”.

Prescindere dal resto dell’Argentina, però, è impossibile. Per esempio, la lotta contro il narcotraffico nella Provincia di Santa Fe ha spostato il mercato nella Provincia di Buenos Aires, con epicentro a San Nicolás e Mercedes.

Interpellato dal pubblico, Julio Conte-Grand si esprime sul tema della depenalizzazione della detenzione di droga per consumo personale, che permetterebbe di sollevare le forze dell’ordine e la magistratura dal perseguire persone che di fatto non sono parte del narcotraffico, sottraendo risorse all’azione contro la criminalità organizzata.

“L’evoluzione della giurisprudenza va in questa direzione – dice –. A Buenos Aires la repressione del microtraffico si concentra sulla vendita e non sul consumo”.

Conte-Grand ha poi sottolineato i risultati positivi raggiunti dalla sua istituzione, come la digitalizzazione degli atti nel processo penale e, per fine anno, l’introduzione dell’intelligenza artificiale nel sistema probatorio. Infine, l’istituzione di una polizia giudiziaria, alle dirette dipendenze del pubblico ministero (colui che svolge le indagini e rappresenta l’accusa nel sistema giudiziario penale di impianto accusatorio), per evitare che indagini delicati vengano inquinate da corruzione o incapacità.

“Dobbiamo aumentare la trasparenza, perché si traduce in un migliore accesso alla giustizia – conclude –. Spesso si dice che il giudice debba esprimersi solo attraverso le sue sentenze. Io credo di no. Il giudice deve parlare alla società”.