ROMA - Il calendario segna -6. Tanti sono i giorni che mancano al 6 agosto, giorno in cui scadrà, da statuto, il primo mandato da presidente del Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte. Nessuno, in verità, vive questo countdown con ansia o patemi d’animo, il bis viene dato in cassaforte partendo dall’elezione quasi plebiscitaria di quattro anni fa, quando Conte ottenne il 92,8% dei consensi grazie al voto dei 67.064 partecipanti su 115.130 aventi diritto. 

Non è da sottovalutare, però, come la richiesta di una conferma di Conte giunga nel pieno delle complesse trattative sulle Regionali, con l’ala dei ‘duri e puri’ del movimento (e molti dissidenti di fede grillina ancora regolarmente iscritti) che si mostra refrattaria ai compromessi politici che possano prevedere ritocchi al ribasso alla scala valoriale pentastellata (leggi eventuale sostegno a Matteo Ricci, indagato nelle Marche). Ma, confida più di uno nel M5s, questo eventuale fattore ‘sorpresa’ potrà al massimo incidere sulla percentuale del risultato finale. Vista però la scadenza del mandato in pieno periodo estivo, in perfetta sincronizzazione con l’inizio delle ferie politiche, non viene escluso, anzi semmai dato per scontato, un possibile slittamento della consultazione degli iscritti: di qualche settimana o, più probabilmente, a settembre. Lo statuto pentastellato, all’articolo 12, recita infatti: “Il presidente è eletto mediante consultazione in Rete secondo le procedure approvate dal Comitato di garanzia, che devono garantire pluralità e trasparenza nelle candidature”.

E sei giorni appaiono pochi per garantire alcuni di questi requisiti. Primo tra tutti la congruità dei tempi per la presentazione di candidature che, sempre da statuto, dovranno passare il vaglio di conformità “secondo le procedure approvate dal Comitato di garanzia”. Un regolamento, questo, sui cui stanno lavorando Roberto Fico, Virginia Raggi e Laura Bottici cui spetta la stesura delle regole per la consultazione, che si auspica sia definita prima della pausa estiva. Che il voto sia a fine agosto o ai primi di settembre, la linea di comando non ne risentirà: Giuseppe Conte resterà in ‘prorogatio’ affiancato comunque da Paola Taverna che del Movimento 5 stelle è vicepresidente vicaria.

Intanto, durante il periodo estivo si assiste a una certa “rarefazione” nella pubblicazione dei sondaggi, un fenomeno che rende se possibile ancor meno movimentato il quadro (di per sé già estremamente stabile in questa fase storica) delle intenzioni di voto. Non si osservano, quindi, variazioni particolarmente significative, al di là di oscillazioni tutto sommato fisiologiche. Ma analizzando i dati, in una prospettiva di medio periodo, si possono comunque individuare tre tendenze interessanti. La prima è costituita dalla sostanziale immobilità di Fratelli d’Italia, stabilmente primo partito con un consenso leggermente al di sotto del 30%: dato non scontato per il principale partito di maggioranza, soprattutto se si considera che sono passati quasi tre anni dalle elezioni. La seconda tendenza è la lieve (quasi impercettibile) flessione del Partito Democratico, che dopo aver fatto registrare un piccolo balzo dopo la mobilitazione per i referendum e per le elezioni amministrative è pian piano calato, passando dal 23% di metà giugno a poco più del 22%.

Nel complesso però, e questa è la terza tendenza, le forze di opposizione mostrano una certa vitalità che compensa ampiamente questo calo: infatti, sia il Movimento 5 stelle (12,7%) sia Alleanza Verdi-Sinistra (6,9%) fanno segnare i loro valori più elevati da circa un anno a questa parte. Per quanto vi siano degli innegabili problemi di compatibilità con queste due forze, anche un altro partito d’opposizione come Azione (3,5%) si conferma su valori piuttosto positivi degli ultimi mesi, i migliori dalle elezioni europee del giugno 2024. 

Se il quadro dei rapporti di forza è nel complesso molto stabile, non è però detto che manchino all’orizzonte degli appuntamenti in grado di dare uno scossone al quadro politico-istituzionale. Uno di questi è costituito certamente dalle ormai prossime elezioni regionali, che vedranno andare al voto cinque Regioni in autunno; un altro, che si va profilando come uno dei principali, se non il più importante in assoluto, nel 2026, è il referendum confermativo della riforma costituzionale che riguarda la separazione delle carriere.