BUENOS AIRES – A Lagopesole è iniziato il conto alla rovescia. Tra dieci giorni esatti, il 25 agosto, una delegazione del centro studi Nino Calice volerà a Buenos Aires per inaugurare, al Museo de la Inmigración, la mostra legata al progetto BasilicatË.

Centinaia di scatoloni necessari per l’allestimento sono già in viaggio verso le tre “capitali della diaspora lucana” dove farà tappa la mostra: New York (22 agosto), Buenos Aires e Montevideo (28 agosto).

La scelta degli scatoloni di cartone rispecchia una necessità pratica – la struttura modulare permette di adattarsi ai diversi spazi a disposizione – ma ha anche una valenza metaforica.

“Non volevamo cadere nello stereotipo delle valigie di cartone dei migranti – dice Cristina Amenta, architetta e produttrice della parte museografica del progetto –. Ricordano piuttosto le scatole da imballaggio che si usano nei traslochi. Vogliamo sottolineare che la mobilità è una caratteristica constante della storia umana, che si manifesta in modi diversi”.

Alcuni scatoloni, però, arriveranno “pieni”.

Come i famosi “pacchi da giù” che si mandavano per Natale ai parenti emigrati al Nord Italia o all’estero, con salumi, formaggi e altri prodotti tipici di cui la lontananza rendeva ancora più nostalgici. Tra questi, il famoso miskiglio (una farina a base di di cereali e legumi) di Calvera (Potenza), i cestini di Oppido (Potenza) la salva selvatica di Savoia (Potenza), i centrini di Colobraro (Matera).

Prodotti che si possono scoprire anche facendo il percorso al contrario, attraverso il turismo delle radici, come spiega Annalisa Romeo, vicepresidente di Paesi e Radici, il team che rappresenta Italea in Basilicata.

“Questo modo di viaggiare non può fare grandi numeri, ma offre esperienze” afferma. È un’opportunità in più per il viaggiatore che ha già percorso gli itinerari classici delle città d’arte, ma anche per chi torna al borgo d’origine della propria famiglia. “E si chiede cosa fare, dopo aver visitato la casa natale dei nonni e la tomba al cimitero – dice Annalisa –. A entrambi questi turisti offriamo l’occasione di compiere un’ulteriore esperienza”.

Le associazioni lucane di Buenos Aires da mesi lavorano per la buona riuscita dell’evento e hanno fornito i materiali documentali per il progetto.

“Il metodo di lavoro è stata l’osservazione partecipante – spiega Fabio Ciaravella, architetto, docenti di Sociologia dell’architettura all’Università di Firenze e curatore del progetto –. La comunità è stata raccontata dalla comunità stessa. Abbiamo trovato delle collettività forti, coese, attive. Elementi identitari molto forti, come la cucina, e altri più indeboliti, come la lingua”.

Particolarmente interessante la lettura di una poesia di Rocco Scotellaro (Serenata al paese), affidata a tre generazioni diverse: un nativo italiano, una persona di seconda generazione e un giovane di terza o, più spesso, quarta generazione. “Abbiamo visto che a mano a mano si abbassa l’età, più evidenti diventano le interferenze con lo spagnolo, gli errori di pronuncia, i calchi…” osserva Ciaravella. Un’ulteriore prova del fatto che cultura e identità non sono concetti monolitici, ma ibridi, mobili e negoziabili.

“Il lavoro è tato impegnativo ma molto entusiasmante – dice Mimì Coviello, coordinatrice del Comitato tecnico e scientifico del Centro di ricerca Lucani nel Mondo “Nino Calice" della Regione Basilicata –. Il progetto ha successo e suscita molta curiosità. Spero che anche i lucani in Argentina stiano aspettando con tanto emozione l’inaugurazione“.

L’appuntamento per l’inaugurazione della mostra è dunque il 25 agosto alle 11. La mostra resterà aperta fino al 30 settembre. L’ingresso è gratuito.