Il mio trionfo mi sorprende da cinquant’anni. Sono fuori moda”. Impossibile dimenticare quella garbata, inimitabile, ironia. Normalità, semplicità, sobrietà e umiltà sono caratteristiche che lo hanno reso popolare e amato.

Corrado Mantoni, per il pubblico semplicemente Corrado; per Totò, il presentatore “scognomato”, nato a Roma, venerdì scorso sono stati 100 anni dalla nascita (a giugno sono trascorsi 25 dalla morte) impossibile dimenticarsi di lui che la televisione l’ha vista nascere, l’ha attraversata, e ha saputo dargli il suo personalissimo tocco d’originalità all’insegna dell’educazione, della lingua italiana perfetta, della curiosità e dell’ironia britannica. Ciclicamente Corrado ritorna, attraverso la sua creazione più celebre, “La Corrida” (prima in radio tra fischi e campanacci, poi approdata sul piccolo schermo su Canale 5 dal 1986), il programma che dava l’occasione ai “dilettanti allo sbaraglio” di mettersi in mostra cantando, ballando, proponendo spettacoli a volte fantasiosi altre inguardabili e inascoltabili. Diciamo che il reality show lo ha inventato Corrado o almeno ci ha messo le basi. La forza del programma è sopravvissuta a lui: nel tempo si sono alternati a condurre “La Corrida” Gerry Scotti su Canale 5, Flavio Insinna e Carlo Conti su Rai1. Il prossimo sarà Amadeus, che per la suo nuova sfida sul Nove a ottobre. Marina Donato detiene (con il figlio di Corrado) i diritti del format (fermo da quattro anni). 
Marina e Corrado avevano 25 anni di differenza (lei 24 e lui 49) quando è iniziata la loro relazione. Si sono sposati, dopo 23 anni di convivenza, nel 1996. Ma Corrado, prima di approdare nelle televisione appena nata, negli anni Cinquanta, aveva già alle spalle un’esperienza in radio: speaker del radiogiornale in tempo di guerra, annunciò lui la fine della Seconda guerra mondiale e la vittoria referendaria della Repubblica sulla monarchia, “voce amica” dei militari nel dopoguerra con le trasmissioni per le Forze Armate (Radio Naja), inventando una nuova maniera di fare radio, coinvolgente e confidenziale. Fu poi colonna dell’intrattenimento radiofonico Rai con programmi di successo come “Corrado fermo posta”, “Corrado otto e mezzo”, “Rosso e nero”, che poi porto’ anche in televisione. Con l’avvento del piccolo schermo, insieme a Mike Bongiorno, Enzo Tortora e Pippo Baudo tenne a battesimo le prime trasmissioni sperimentali della televisione italiana. “Mi dissero che ero ‘telegenico’ - raccontava - ma poi non mi chiamavano. Ci vollero apparizioni casuali e apprezzamenti dei giornali nei miei confronti perché la situazione si sbloccasse”

Il primo grande successo televisivo nel 1960 fu proprio “Rosso e nero”, nel quale fu affiancato da Sophia Loren. Fu poi la volta de “L’amico del giaguaro”, di “Canzonissima” con Raffaella Carrà a mostrare l’ombelico nel tuca-tuca, della prima “Domenica in” che inventò e condusse per quattro stagioni dal 1976 al ‘79 per lasciare poi il testimone proprio a Baudo. Calcò da presentatore anche il palco del Festival di Sanremo. Corrado è stato anche autore di successo, firmando quasi tutti i suoi programmi. Con lo pseudonimo di Corima, nascono successi indimenticabili, tra cui la già citata “Domenica In” nel 1976, trasmissione che raccoglie subito il favore del pubblico. Un successo interrotto tre anni dopo dall’incidente stradale nel quale rimase ferita Dora Moroni, la sua valletta di allora. La vicenda (Corrado era alla guida dell’automobile) ebbe strascichi pesanti sulla sua carriera e lo segnò nel profondo. Ma “lo scognomato” non rifuggiva dalle sfide e negli anni ‘80, con l’affermazione della televisione privata, accettò l’invito di Silvio Berlusconi a trasferirsi armi, bagagli e ironia sulle nascenti reti Fininvest e da lì non si spostò più. “Un distacco naturale”, lo definì, non lasciando trasparire mai né nostalgia né amarezza nei confronti di Mamma Rai. Del resto, era nella sua natura: in oltre 50 anni di carriera, tra radio e Tv, cercò sempre di rimanere fuori da polemiche e pettegolezzi. Si congedò dal grande pubblico durante l’ultima puntata della sua Corrida, nel dicembre del 1997, quando, commosso, recitò una poesia di commiato.

“Ospiti illustri contro strana gente, che quasi sempre non sa fare niente Ma poi, come è finita lo si sa: ha vinto questo nostro varietà e dico varietà, badate bene, e fatto pure come tivù comanda. Perché vi giuro, ho un po’ le tasche piene, di udire la peggiore delle offese che alla Corrida fanno la domanda (come qualcuno scrisse a suo tempo), soprattutto gli scemi del paese. È gente che si vuole divertire. Hanno una dote che non è pazzia, e ce l’hanno in pochi: si chiama autoironia! In quanto a me, sono stato fortunato perché ho trovato collaboratori che forse più di me hanno sudato e più di me meritano gli allori. È andata bene pure grazie a loro perché un successo non si fa da solo. E adesso la Corrida finirà, forse per sempre, forse, chi lo sa? Qualcuno, e questa è ormai un’istituzione tra un poco ne farà un’imitazione. Pazienza, io mi sono divertito per tanti anni ed è arrivato il tempo di dare il mio commosso benservito, ma chi lo sa se poi non me ne pento? Lo so, mi mancherete e pure tanto. E se c’è stato uno scemo del paese Oh! M’ha insegnato, non sapete quanto, a sorridere e a non aver pretese”.