SYDNEY - Secondo i dati di CreditorWatch, il 9,4% delle imprese del settore ha cessato l’attività nell’arco di dodici mesi chiusosi a marzo, un record che riflette un aumento del 17% delle insolvenze in tutta l’economia.

Sei dei sette settori con i tassi di chiusura più alti dipendono dalla spesa discrezionale. Le attività amministrative e il settore dell’arte e dello svago hanno registrato chiusure superiori al 6%, mentre commercio al dettaglio, edilizia e alloggi hanno superato la media nazionale del 5,3%.

“I costi aumentano, gli affitti salgono, mancano lavoratori e i consumatori spendono molto meno”, ha spiegato Patrick Coghlan, CEO di CreditorWatch. “Soffrono soprattutto le piccole imprese, che hanno riserve di liquidità minori e meno margine per ridurre i costi”.

L’azienda prevede che il tasso di insolvenze resterà elevato almeno fino a giugno o luglio, ma incertezze politiche e i dazi imposti da Donald Trump potrebbero prolungare la crisi.

I mancati pagamenti tra imprese sono aumentati del 42% su base annua e circa 30mila aziende hanno debiti fiscali superiori a 100mila dollari.

Tra le capitali, Adelaide ha il tasso di chiusura previsto più basso (5,2%), seguita da Perth (5,3%), Melbourne e Brisbane (5,8%), e Sydney (6,3%). L’area di Western Sydney è quella più a rischio, con Bringelly-Green Valley che tocca il 7,9%.

Un taglio dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale è atteso a maggio, con un altro possibile entro la fine dell’anno, misure che daranno un po’ di sollievo agli esercenti.