Come volevasi dimostrare? Mica tanto.

Un mese fa la vittoria di David Crisafulli (origini siciliane, il nonno Francesco emigrò in Australia negli anni ’60) era data per ampia e scontata, sabato è stata confermata dagli elettori, ma sicuramente è stata meno travolgente di quanto anticipato.

Comunque in Queensland è arrivato il secondo governo di Coalizione dal 1989. Uno Stato davvero particolare che rimane politicamente un po’ difficile da ‘capire’ al di fuori dei suoi confini, con i laburisti che hanno avuto per anni il sopravvento a livello statale e che invece incontrano puntuali difficoltà a livello federale.

Per questo, nonostante la sua importanza nel quadro nazionale, molti australiani considerano il Queensland diverso dal resto del Paese, sotto molti aspetti moderno e sicuramente in grande sviluppo, sotto altri che mantiene un po’ una sensazione e una mentalità di frontiera.

Uno Stato pieno di contraddizioni politiche: è il luogo di nascita del Partito laburista, ha una lunga tradizione di radicalismo sindacale, ma è anche la patria del conservatorismo populista con ampi spazi riservati a personaggi che non avrebbero sicuramente trovato le stesse attenzioni e seguito nel resto dell’Australia, come Bob Katter (e figlio Robbie), Pauline Hanson o Clive Palmer. 

Il partito liberal-nazionale (LNP) ha vinto la sfida di sabato scorso nonostante la ripresa in extremis del premier uscente Steven Miles che, incredibilmente, considerando che la situazione economico-finanziaria del Queensland non è poi tanto differente del caso sempre più imbarazzante del Victoria, ha recuperato terreno dando l’impressione durante i conteggi di sabato sera di potercela addirittura fare, magari con un aiuto esterno.

Poi è arrivato l’allungo di Crisafulli, specie dalle aree rurali dello Stato, e il superamento dell’asticella dei 47 seggi necessari per avere la maggioranza nell’unicamerale del Queensland.

Secondo i dati ufficiali, al momento di andare in stampa, l’LNP ha raggiunto quota 48 (probabili 51 a conteggi ultimati), i laburisti hanno 30 seggi certi (34 secondo alcune anticipazioni, ndr), il Katter Party ha mantenuto i suoi tre rappresentanti (forse ne avrà un altro), i verdi sembrano destinati a perdere i loro due e l’indipendente di Noosa, Sandy Bolton, è stata riconfermata per la terza volta.

Undici ancora i seggi che aspettano la conferma ufficiale con le elaborazione dei dati (secondo il super esperto dell’ABC, Anthony Green) che danno, su base bipartitica, i liberal-nazionali vittoriosi con il 54% e i laburisti al 46%, uno spostamento di voti a favore dell’ex opposizione del 7,4% (nelle aree regionali si è sfiorato il 10%).  

Cristafulli vittorioso quindi che ha subito detto, nel rituale discorso davanti ai fedelissimi dopo la conferma del successo, che il suo lavoro sarebbe iniziato da subito, da “domani mattina” (ieri per chi legge, ndr) - ha dichiarato -, sottolineando che gli elettori del Queensland hanno scelto la “speranza al posto della paura”.

E a tutti i cittadini di un “grande Stato”, che ha affermato di amare profondamente, ha assicurato che si impegnerà con immediatezza ad affrontare e risolvere le “quattro crisi” sulle quali è stata costruita la sua campagna elettorale: la criminalità giovanile, la sanità, gli alloggi e il costo della vita.

“Creeremo uno Stato che offrirà benefici a tutti quelli che lavorano”,  prendendo quindi di petto le difficoltà economiche delle famiglie,  alla base del malcontento che serpeggiava da tempo.

Il record del governo Palaszczuk-Miles, in termini di cattiva gestione economico-finanziaria, infatti, era evidente per tutti. Durante il suo mandato l’amministrazione laburista ha notevolmente ampliato il già enorme servizio pubblico dello Stato, aumentando la spesa e permettendo che il debito lievitasse di 14 miliardi di dollari, raggiungendo i 92 miliardi.

E se poi il prezzo del carbone non fosse aumentato dopo la pandemia, riempiendo le casse pubbliche di entrate straordinarie, la situazione finanziaria dello Stato sarebbe stata ancora peggiore.

Negli ultimi anni, il Queensland ha, infatti, rivaleggiato un po’ con il Victoria come esempio da non seguire per ciò che riguarda contratti, dispendiose consulenze esterne, commissioni d’inchiesta pilotate, con costi e risultati non certo in linea con le aspettative del pubblico. 

Crisafulli ha vinto nonostante le “offerte speciali” di un governo alle corde, di biglietti del trasporto pubblico a 50 centesimi, bollette dell’elettricità bloccate, stazioni di servizio gestite dal governo e pranzi gratuiti per i bambini delle scuole primarie. Era improbabile che tutto questo lo portasse alla vittoria e le urne l’hanno confermato.

Anche se non c’è stata una temuta “piazza pulita”, ha detto lo stesso premier uscente Steven Miles, ringraziando gli elettori: “La sfida che il partito aveva davanti era davvero complicata”.

Senza accettare ufficialmente, come da rito, la sconfitta (la resa è arrivata solo ieri mattina con telefonata a Crisafulli), il leader laburista non fatto un intervento da ricordare (se non in negativo), quasi continuando la campagna, con un attacco per l’approccio minimalista, in fatto di progetti, del suo avversario. 

Elezioni quindi che segnano una svolta per il Queensland, ma che serviranno un po’ da monito anche per il resto del Paese. Non tanto per quanto riguarda la politica energetica, dove il rischio che corre il Queensland - ricco di risorse per l’energia intermittente delle rinnovabili ma al centro della guerra contro gas e carbone - è condiviso dai governi di tutta la nazione, ma sicuramente in campo economico.  

La convinzione, ripetuta spesso da Anthony Albanese e da Jim Chalmers, che il governo debba svolgere un ruolo centrale nell’economia – investendo in ogni sorta di operazioni commerciali e usando generosamente sussidi e regolamenti per dirigere le risorse verso attività desiderate – ha un sapore distintamente del Queensland.

Storicamente, questa filosofia politica è stata abbracciata da entrambe le parti della politica nello Stato in questione e, in una certa misura, lo statalismo economico è comprensibile in un luogo vasto e in gran parte decentralizzato come il Queensland, dove senza una presenza del governo locale, molte comunità isolate non sarebbero in grado di sopravvivere.

Ma l’esempio da seguire, come indicato dal primo ministro e dal responsabile del Tesoro, a livello nazionale, qualche preoccupazione extra la crea. 

Albanese e Peter Dutton, comunque, cercheranno di non esagerare, nel bene e nel male, nelle loro riflessioni sul risultato di sabato sera, tenendo a debita distanza le conseguenze federali.

Ma gli strateghi dei due maggiori schieramenti politici si tufferanno nei dettagli, andando ad analizzare ogni singolo risultato in ogni singolo collegio. E lo faranno anche i Verdi, a causa del loro passo indietro (come nelle recenti elezioni nell’ ACT) a Brisbane. 

Dutton indubbiamente sarà più soddisfatto del primo ministro per il verdetto di sabato, anche se il leader liberale è perfettamente consapevole del fatto di aver bisogno di uno spostamento di voti molto più consistente di quello registrato dalla squadra Crisafulli per poter pensare alla Lodge.

Ma è anche vero che il ‘problema’ del costo della vita ha tenuto banco nella campagna del Queensland e la responsabilità, a livello federale, del problema, non può di certo far bene a Albanese e Chalmers. 

Immigrazione, edilizia abitativa, costi energetici, inflazione, tassi d’interesse, sicurezza nazionale sono gli altri temi caldi del momento, che non sembrano avere adeguate risposte da parte di Canberra e qualche significato extra l’hanno sicuramente già avuto per molti elettori del Queensland.

E ci sono altri ‘agganci’ nazionali sui quali riflettere, specie in casa laburista: sebbene il governo federale non sarà mai il più grande datore di lavoro della nazione, l’espansione del servizio pubblico da parte di Albanese, la massiccia sovvenzione dei posti di lavoro nel settore assistenziale e la determinazione a concedere sussidi con una certa generosità (NDIS è l’esempio più evidente in fatto di sprechi) non sono certo dei fiori all’occhiello dell’attuale amministrazione e prestano il fianco a facili critiche.

E, in vista delle elezioni, ci saranno sicuramente altri fondi indirizzati a iniziative per attenuare l’impatto del costo della vita, nonostante il rovescio della medaglia dei rischi sempre più evidenti di un’inflazione che in Australia continua a resistere e preoccupare più che nel resto del mondo.

Altre munizioni quindi per Dutton che però non potrà semplicemente continuare a dirci tutto quello che non va ma, prima o dopo, dovrà anche cominciare a spiegarci come dovrebbe andare.