CANBERRA - Il governo Albanese ha annunciato la misura dopo che ASIO, l’agenzia di intelligence interna, ha attribuito a Teheran la regia di almeno due attacchi antisemiti contro la comunità ebraica a Sydney e Melbourne. Contestualmente, l’Australia ha sospeso le operazioni della propria ambasciata a Teheran e ha deciso di inserire i Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC) nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Israele ha accolto la decisione australiana come un successo politico del primo ministro Benjamin Netanyahu. Il portavoce governativo David Mencer ha affermato che Canberra sarebbe stata “indotta” ad agire grazie alle pressioni di Netanyahu, che aveva definito Albanese un leader “debole” e accusato di aver “abbandonato gli ebrei australiani”. Secondo Mencer, il passo australiano sarebbe arrivato solo dopo la ferma presa di posizione di Tel Aviv, che aveva criticato duramente il riconoscimento da parte di Canberra dello Stato palestinese e la decisione di negare i visti d’ingresso a figure controverse israeliane.
Non meno dura è stata la reazione iraniana. Il ministro degli Esteri Seyed Abbas Araghchi ha ripreso le parole di Netanyahu, definendo a sua volta Albanese un “politico debole” e sostenendo che le accuse di attacchi contro sinagoghe australiane siano “assolutamente prive di senso”.
Secondo Teheran, l’Australia avrebbe piegato la propria politica estera al volere di Israele, cercando di distrarre l’opinione pubblica dai bombardamenti e dalle vittime palestinesi a Gaza. Un portavoce del ministero iraniano ha inoltre avvertito che ci saranno “reazioni reciproche” a livello diplomatico.
Da Canberra la replica è arrivata per voce del ministro degli Interni Tony Burke, che ha respinto ogni idea di condizionamento esterno: “Abbiamo agito sulla base delle informazioni fornite da ASIO. Iran ha attaccato australiani, e questo è il punto. Nessun altro Paese è coinvolto nelle nostre decisioni”.
L’escalation mette in luce il clima di crescente polarizzazione. Da un lato Israele rivendica la capacità di influenzare le scelte dei partner occidentali, dall’altro l’Iran denuncia una campagna diffamatoria volta a criminalizzare il suo ruolo internazionale. Per l’Australia, che negli ultimi mesi aveva cercato un equilibrio nella politica mediorientale, la scelta di espellere diplomatici e sospendere le relazioni dirette con Teheran segna un cambio netto di rotta e rischia di avere ripercussioni anche sul piano commerciale e geopolitico.
L’intreccio di accuse reciproche e pressioni internazionali evidenzia come la vicenda vada oltre la sicurezza interna australiana: è divenuta un nuovo campo di confronto tra Israele e Iran, con Canberra trascinata in prima linea in una disputa che riflette la fragilità dell’ordine diplomatico globale.