Il dato rientra tra quelli elaborati da un sondaggio nazionale pubblicato oggi,  condotto dalla United Workers Union, che ha coinvolto più di 1100 educatori e quasi 200 genitori.

Dall’indagine è emerso che il 97% dei centri ha perso personale negli ultimi 12 mesi, mentre sei operatori di assistenza all’infanzia su dieci hanno manifestato l’intenzione di lasciare il settore.

Il 90% degli insegnanti intervistati ha, però, anche affermato che potrebbe restare se ricevesse un aumento di stipendio del 25%.

Il 98% degli educatori ha dichiarato di sentirsi sotto pressione a causa della carenza di personale, percentuale in rialzo rispetto all’87% registrato nel 2023. 

L’impressione trova riscontro tra i genitori, dei quali l’84% ritiene che l’educatore dei propri figli sia sottoposto a notevoli pressioni. 

Carolyn Smith, direttrice dell’istruzione materna della United Workers Union, ha affermato che un aumento salariale è una delle vie da perseguire per fermare l’esodo. 

“Dodici mesi fa abbiamo avvertito di una crisi nell’apprendimento materno. Migliaia di educatori se ne erano andati, le aule erano chiuse e le famiglie ne hanno risentito profondamente”, ha detto Smith.

“I nuovi dati arrivati oggi sono inequivocabili: 12 mesi nella crisi ha reso le cose ancora peggiori. È necessaria un’azione immediata per affrontare la crescente crisi della forza lavoro.”

Un educatore della prima infanzia del South Australia ha riportato al sindacato che le pressioni legate al lavoro con l’infanzia spesso stanno a significare che una carriera a lungo termine nel settore “non è sostenibile”.

“Ci prendiamo cura dei bambini, puliamo, insegniamo, ispiriamo e diamo tutto ciò che abbiamo per queste giovani vite. Spesso torniamo a casa e non abbiamo più nulla da dare ai nostri cari.”

Nel 2024, il 70% degli asili nido è risultato a corto di personale.