TEGUCIGALPA - A diciotto giorni dalle elezioni presidenziali in Honduras, il Paese è immerso in una profonda crisi politica e istituzionale.  

Il conteggio dei voti è fermo, tra accuse di frode, proteste di piazza e crescenti pressioni internazionali, in particolare da parte degli Stati Uniti, che chiedono un avanzamento “immediato” del processo elettorale. 

Secondo i risultati preliminari diffusi dal Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), con il 99,80% delle schede scrutinate, il candidato del Partido Nacional, Nasry “Tito” Asfura, risulta in testa con il 40,54% dei voti.  

A brevissima distanza segue il candidato del Partido Liberal, Salvador Nasralla, con il 39,19%. Il conteggio è però bloccato su questi dati da diversi giorni, senza ulteriori aggiornamenti ufficiali. 

Nel frattempo, il CNE non ha ancora avviato lo scrutinio speciale delle 2.792 schede che presentano irregolarità, un passaggio fondamentale per la proclamazione dei risultati definitivi.  

Proprio su questo punto è intervenuto il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che attraverso l’Ufficio per gli Affari dell’Emisfero Occidentale ha sollecitato l’ente elettorale honduregno ad agire senza ulteriori ritardi.  

“Il Consiglio Nazionale Elettorale deve iniziare immediatamente il processo di scrutinio speciale per finalizzare i risultati ufficiali”, si legge nel messaggio pubblicato da Washington, che ha inoltre avvertito: “qualsiasi tentativo di disturbare l’ordine pubblico o il lavoro del CNE avrà conseguenze”, sottolineando che “le voci di 3,4 milioni di honduregni devono essere rispettate”.  

Dagli Stati Uniti è arrivata anche una presa di posizione più dura da parte di Roger Stone, ex consigliere politico di Donald Trump, che ha chiesto la revoca dei visti per Salvador Nasralla e sua moglie. In un messaggio pubblicato su X e indirizzato al Dipartimento di Stato, Stone ha accusato Nasralla di coordinarsi con il partito di governo Libre per “annullare le elezioni honduregne” e negare la vittoria di Asfura. 

Sul fronte interno, la presidente in carica dell’Honduras, Xiomara Castro, ha invece chiesto un riconteggio “voto per voto” e ha denunciato tentativi di manipolazione del processo democratico. In un discorso pronunciato alla Casa Presidenziale di Tegucigalpa davanti a sostenitori del partito di governo, Castro ha affermato che “la democrazia in Honduras è in serie difficoltà” e che “si vogliono prendere decisioni che spettano solo al popolo”. 

La presidente ha invitato gli attivisti del Partido Libre, guidato dal coordinatore generale ed ex presidente Manuel Zelaya, suo marito, a manifestare in modo pacifico. “La democrazia si difende in piedi, non in silenzio”, ha dichiarato.  

In un altro intervento, Castro si è rivolta direttamente alle forze di sicurezza, chiedendo alla polizia di “essere all’altezza di questo momento storico” e di difendere “la vita, la legge e la sovranità nazionale di fronte all’intervento straniero con minacce dirette”, che, secondo la presidente, avrebbe influito pesantemente sui risultati elettorali. 

La tensione è aumentata ulteriormente quando la presidente del CNE, Ana Paola Hall, ha lanciato un appello pubblico alle Forze Armate e alla Polizia Nazionale affinché si rechino immediatamente all’Istituto Nazionale di Formazione Professionale (Infop), dove è custodito il materiale elettorale.  

La richiesta arriva in seguito alla mobilitazione di simpatizzanti di Libre verso la sede dell’ente. Hall ha chiesto che vengano garantiti la sicurezza delle persone e l’integrità del materiale elettorale, nel rispetto della Costituzione e dei diritti umani. 

In questo clima di forte polarizzazione, cresce l’incertezza sulla possibilità di proclamare un vincitore entro il termine dei 30 giorni previsto dalla legge, che scade il 30 dicembre.