BUENOS AIRES - La sentenza che ha avuto un’immediata ripercussione politica e sociale nel paese, scatenando reazioni accese da parte del movimento peronista, dei sindacati e degli studenti. 

La causa giudiziaria ha avuto origine nel 2008, quando l’opposizione, guidata da Elisa Carrió, denunciò presunte irregolarità nell’assegnazione di opere pubbliche nella provincia di Santa Cruz. Secondo l’accusa, durante i governi di Néstor e Cristina Kirchner (2003-2015), le commesse statali vennero sistematicamente orientate a favore dell’imprenditore Lázaro Báez. 

Nel 2019 si è aperto il processo giudiziario che ha indagato su 51 appalti stradali. Cristina Kirchner ha rifiutato di rispondere alle domande della procura, denunciando il tribunale come parte di una persecuzione politica.  

Nel 2022, il primo verdetto ha dichiarato l’ex presidente colpevole di amministrazione fraudolenta, assolvendo però dall’accusa di associazione illecita. Kirchner è così diventata la seconda presidente democratica condannata nella storia argentina, dopo Carlos Menem. 

Gli avvocati Carlos Beraldi e Arias Llernovoy, difensori di Kirchner, hanno presentato appello alla Camera di Cassazione Penale, che nel 2024 ha confermato la sentenza.  

Successivamente, la difesa si è rivolta alla Corte Suprema, denunciando vizi processuali: mancanza di imparzialità dei giudici, assenza di perizie sulle 51 opere, e l’uso di prove non discusse nel processo. Ma la Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo formalmente inammissibile. 

Reazioni politiche e sociali 

La conferma della condanna ha avuto un forte impatto nel panorama politico. La Confederazione Generale del Lavoro (CGT), pur non avendo ancora proclamato uno sciopero generale, ha lasciato intendere una mobilitazione imminente. Numerosi leader sindacali hanno parlato della necessità di resistere alla persecuzione politica. 

Anche il mondo accademico ha reagito: studenti di diverse facoltà della UBA (Università di Buenos Aires) hanno occupato gli edifici universitari come forma di protesta contro la sentenza. 

Nel frattempo, Cristina Kirchner è apparsa sul balcone della sua abitazione nel quartiere Constitución per salutare i militanti che si erano radunati in veglia dopo la notizia. La sede del Partito Giustizialista (PJ), dove si era riunita poco prima, è stata teatro di dichiarazioni forti: il partito ha definito la decisione della Corte un “atto politico di carattere antidemocratico” e ha denunciato un “livello inedito di gravità istituzionale”. 

Il governatore della provincia di Buenos Aires, Axel Kicillof, ha definito la sentenza una “vergogna” e ha affermato che essa rappresenta “un danno enorme per la democrazia”. Non ha escluso modifiche al calendario elettorale provinciale, in seguito alla conferma della proscrizione politica di Cristina Kirchner, che si era recentemente candidata a legislatrice. 

Il Presidente Javier Milei si è limitato a commentare la sentenza con un messaggio sui social in cui ha solo espresso “Giustizia. Finalmente.” Ha poi attacato i giornalisti che avevano fatto trascendere nei mesi scorsi che il governo avesse stretto un “patto d’impunità” con Cristina per poter affrontarla alle urne nelle prossime elezioni della Provincia di Buenos Aires e così rafforzare la posizione del partito La Libertad Avanza come unica opposizione al Kirchnerismo. 

Quest’anno, il governo aveva tentato di introdurre due nuovi giudici alla Corte Suprema, senza successo, poichè i membri del PRO, il partito di alleanza, non avevano sostenuto l’iniziativa in Parlamento. All’interno del Peronismo corre la versione che dietro alla volontà di accellerare la sentenza ci sia, appunto, l’ex presidente Mauricio Macri, fondatore e leader del PRO.