BUENOS AIRES – Gli occhi sono tutti puntati su di lei: Cristina Kirchner. Che domani dovrà costituirsi in tribunale di Comodoro Py per eseguire la condanna a 6 anni di prigione e interdizione perpetua dai pubblici uffici.
In forse c’è la concessione degli arresti domiciliari, per i quali i Pm hanno già espresso opinione contraria. La palla ora passa ai giudici. Secondo indiscrezioni, i domiciliari saranno concessi e comunicati via Zoom in queste ore, per evitare le mobilitazioni annunciate.
Secondo il suo avvocato Carlos Beraldi, che sabato ha parlato in una conferenza stampa indetta dal Partido Justicialista, gli arresti domiciliari non avrebbero dovuto nemmeno essere motivo di discussione.
“Cristina ha più di 70 anni, lo studio socio-ambientale sul domicilio scelto per scontare la pena ha dato esiti positivi, non è mai emerso il rischio di fuga o inquinamento delle prove – spiega Beraldi –. Inoltre, come ex presidente, la legge obbliga lo Stato ad assegnarle una scorta permanente”. Una condizione incompatibile con lo stato di detenzione.
Cosa aspettarsi, dunque, domani? “Cristina si presenterà, accompagnata dai suoi legali – continua Beraldi –. Dovrebbe trattarsi di una procedura molto veloce. Si notificherà, non ci saranno perdite di tempo sull’accertamento dell’identità. E per quanto ci riguarda, dovrebbe rientrare nella sua abitazione per iniziare l’esecuzione della pena”.
Sempre che non arrivi già oggi la notificazione dei domiciliari. In questo caso, Cristina non dovrà nemmeno uscire di casa.

Da sinistra, Carlos Beraldi, Teresa García y Felipe Solá, ex ministro degli Esteri. (foto: F. Capelli)
Un aspetto, però, preoccupa il suo avvocato. “Ci auguriamo che tutto avvenga senza inutili umiliazioni, come persone e come donna”, sottolinea, ricordando un precedente: la ridda di voci, accuse, insinuazioni e minacce all’indomani dell’attentato del 2022, a opera di Fernando Sabag Montiel, attualmente ancora sotto processo.
“Fatti – aggiunge il legale – che dovrebbero spingere ancora di più i giudici verso gli arresti domiciliari”.
Per domattina alle 10 è stata organizzata una marcia di sostenitori di Cristina, per accompagnerls fino al tribunale per manifestare solidarietà alla ex presidente. Nel caso in cui Cristina non debba presentarsi, la manifestazione resta comunque convocata.
“Questa sentenza è un pugno in piena faccia dato al peronismo”, dice Teresa Garcia, segretaria del Pj, che considera la condanna un caso di lawfare (ossia l’utilizzo di strumenti giudiziari per eliminare un avversario dalla vita politica), come avvenuto per Lula in Brasile, Rafael Correa in Ecuador e Evo Morales in Bolivia. “Per questo – continua – chiediamo la mobilitazione dei partiti, della società civile, di tutti i settori sociali per la manifestazione di domani”.
Nel frattempo, malgrado la causa sia già arrivata all’istanza più elevata e definitiva, non si ferma il lavoro dei legali.
A Carlos Beraldi, che è anche docente di Procedura penale all’Università di Buenos Aires, Il Globo ha chiesto anticipazioni sulla strategia futura. Ovvero, se il reclamo contro la decisione di giudici riguarderà il merito della causa (ossia l’innocenza o colpevolezza di Cristina) o questioni procedurali di applicazione della legge.
“Ci muoviamo nelle due direzioni”, risponde il legale, che espone ciò che, a suo parere, costituisce un vulnus alla corretta applicazione del diritto.
Innanzitutto la Corte Suprema ha deliberato su ricorsi quando era costituita da solo tre giudici, su cinque previsti dalla legge, tutti legati al macrismo e ostili a Cristina.
“Giudici – accusa il legale – che non hanno mai nascosto la loro ‘relazione promiscua’ con il potere e frequentazioni di amicizia con i settori antikirchneristi”. Velocissimi nell’emettere una decisione, “con 9 ricorsi analizzati e respinti nell’arco di 30 giorni. Riteniamo che il diritto a un processo con un giudice naturale, imparziale non sia stato rispettato”, aggiunge.
Non solo. Nel giudizio, continua, sono stati ammessi come prove contro Cristina atti pubblici nei quali lei stessa non è mai intervenuta, in anni in cui non aveva nessuna carica ufficiale nella provincia di Santa Cruz.
“Mentre all’imputata, in varie occasioni, non è stato nemmeno permesso di dichiarare – afferma –. Ancora, non si capisce perché fatti avvenuti a Santa Cruz, che avrebbero dovuto in prima istanza essere giudicati dalla giustizia provinciale e poi da quella nazionale, abbiano saltato questo passaggio. Tanto più che il ministro provinciale responsabile dei lavori pubblici è stato assolto con formula piena”.
Infine, se è vero che ormai il processo in Argentina è arrivato al massimo grado di giudizio, i difensori stanno valutando il ricorso alla Commissione interamericana per i diritti umani e, se ammesso da quest’ultima, alla Corte interamericana per i diritti umani.

Da destra, Máximo Kirchner e Gustavo Menéndez, segretario alle relazioni internazionali del Pj. (Foto: F. Capelli)
E Cristina, come sta vivendo queste ore? “È molto forte, già si sapeva – dice il figlio Máximo Kirchner, deputato nazionale –. La decisione della Curte Suprema ovviamente l’ha colpita, non dimentichiamo che è pur sempre una donna di 72 anni, ma l’ho visto molto più abbattuta dopo l’attentato del 2023. Ha già dimostrato la sua tempra in occasione della morte di Néstor. A volte mi chiedo come faccia a trovare tanta energia”.