BEIRUT - Sembra tratto dal copione di un film hollywoodiano l’attentato contro gli Hezbollah libanesi che, nella giornata di martedì, ha provocato l’esplosione sincronizzata di migliaia di cercapersone in dotazione ai miliziani di Hezbollah a Beirut, in diverse altre regioni del Libano e a Damasco, in Siria. I cercapersone, che erano stati recentemente sostituiti ai telefoni cellulari perché più difficili da intercettare, sono stati fatti esplodere a distanza contemporaneamente, provocando almeno 4mila feriti, di cui 200 sarebbero gravi e un bilancio non definitivo di una ventina di morti, tra cui una bambina di 10 anni. Decine gli ospedali libanesi messi sotto pressione dall’arrivo in contemporanea di centinaia di persone. 

La deflagrazione, che aveva lo scopo di prendere di mira quanti più Hezbollah possibile, avrebbe ferito anche Mojtaba Amani, ambasciatore iraniano in Libano. Una fonte di Hezbollah ha reso noto che il suo leader Hassan Nasrallah non sarebbe rimasto ferito, dando a intendere che anche lui avesse il cercapersone hackerato.

Alcuni media arabi, tra cui Sky News Arabia, hanno riferito che l’attacco sarebbe stato orchestrato dal Mossad, l’agenzia di intelligence israeliana, che sarebbe entrata in possesso e modificato i cercapersone prima della loro consegna a Hezbollah. Mentre sviluppavano la capacità di far deflagrare simultaneamente i dispositivi con un unico comando, gli 007 israeliani avrebbero posizionato una piccola quantità di un materiale altamente esplosivo, il Petn - tetranitrato di pentaeritrite - sulle batterie dei cercapersone, che sarebbe stati fatti esplodere dopo aver aumento la temperatura delle batterie. Ipotesi che verrebbe confermata dalla versione del Wall Street Journal, secondo cui alcuni membri di Hezbollah avrebbero riferito di un surriscaldamento dei cercapersone prima della deflagrazione. Menzionando fonti della sicurezza libanese, Al Jazeera ha riportato che il peso dell’esplosivo inserito in ogni dispositivo sarebbe stato inferiore ai 20 grammi e che i cercapersone sarebbero stati manomessi prima di raggiungere il Libano dopo essere stati ordinati, alcuni mesi fa, da un’azienda taiwanese, la Gold Apollo, che non avrebbe però prodotto i dispositivi.

Sebbene Tel Aviv non abbia rivendicato l’attentato, il mondo non ha dubbi sulla responsabilità del governo di Benjamin “Bibi” Netanyahu per quello che viene già percepito come un allargamento del fronte di guerra. 

Il Gabinetto di sicurezza israeliano aveva deciso lunedì sera di aggiornare gli obiettivi del conflitto contro Hezbollah, con l’obiettivo di far rientrare nelle proprie case i 60mila sfollati israeliani che dallo scorso ottobre vivono negli alberghi, lontano da villaggi e città perennemente sotto il tiro dei razzi del “Partito di Dio”.  L’establishment della sicurezza israeliana ha previsto che Hezbollah si stia preparando a lanciare un’operazione militare per rispondere all’accaduto; per questo Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa, Yoav Gallant, si sono dovuti sedere faccia a faccia per un incontro d’emergenza, dopo la repentina svolta politica di Bibi che lo voleva estromettere dal governo, per affidare la sua poltrona al falco di destra, Gideon Sa’ar (articolo a pag. 10). 

Hossein Khalil, consigliere di Nasrallah, ha già fatto sapere che “il nemico dovrà aspettarsi tutto dal Libano dopo i crimini che ha commesso”. Una delle ipotesi sul tavolo è che l’azione israeliana sia stata decisa dopo che, nella mattinata di martedì, lo Shin Bet - l’agenzia di intelligence israeliana per gli affari interni - aveva reso noto di aver sventato un piano per uccidere un ex alto funzionario della sicurezza israeliana pianificato dai miliziani filoiraniani che intendevano far esplodere un ordigno a distanza dal Libano. 

L’Onu, intanto, ha espresso apprensione per l’accaduto, sottolineando che “gli sviluppi in Libano sono estremamente preoccupanti, considerando il contesto molto instabile” e ha deplorato le vittime civili. 

Tramite il portavoce del dipartimento di Stato, Matthew Miller, Washington ha dichiarato la propria estraneità rispetto a un coinvolgimento nel piano israeliano, sottolineando di non aver ricevuto alcuna informazione in anticipo: “Posso dirvi che gli Stati Uniti non sono stati coinvolti e non erano a conoscenza di questo incidente in anticipo e, a questo punto, stiamo raccogliendo informazioni”. Miller non ha voluto commentare il sospetto che le esplosioni siano state organizzate da Israele, ma ha in qualche modo giustificato lo Stato ebraico dicendo che l’organizzazione filoiraniana libanese si può considerare un “obiettivo legittimo”.