ROMA - Il governo ha varato un decreto-legge per inserire l'elenco dei Paesi sicuri non più in un decreto interministeriale ma in una norma primaria, che il giudice quindi non può disapplicare anche se la ritiene incostituzionale, al massimo potrà fare ricorso alla Consulta. 

Dall'elenco di 22 Paesi, aggiornato a maggio, vengono eliminati Nigeria, Camerun e Colombia. In attesa del vaglio del Quirinale sul provvedimento, nelle prossime settimane sarà messo alla prova dei fatti l'obiettivo dell'esecutivo. 

La strategia, ha chiarito Giorgia Meloni, resta “difendere i confini” e “ristabilire un principio fondamentale: in Italia si entra solo legalmente, seguendo le norme e le procedure previste”. La puntualizzazione della premier arriva a commento di una operazione che in Calabria, nei giorni scorsi, ha colpito un traffico di esseri umani. 

Altri ragionamenti erano attesi nella conferenza stampa sulla manovra, già programmata per il giorno in cui cadono i due anni dal giuramento del governo e annullata alla vigilia. Inevitabilmente, nelle domande avrebbe fatto capolino il tema dell'acceso scontro fra governo e magistratura, infiammatosi negli ultimi giorni proprio in seguito alle decisioni del Tribunale di Roma che hanno di fatto svuotato il cpr appena aperto in Albania. 

La giornata fra Palazzo Chigi, Viminale e ministero della Giustizia si è snodata per definire nel massimo riserbo le norme del provvedimento preannunciato venerdì scorso dalla premier. Dovrebbe essere la “soluzione” per evitare che verdetti come quelli del Tribunale di Roma “impediscano ogni politica migratoria di difesa dei confini”, spiega Meloni. 

Stando ai provvedimenti del Tribunale di Roma, il meccanismo dei rimpatri “semplicemente non esiste più e dovremmo rendere conto in sede europea del perché non tuteliamo i nostri confini”, osserva il sottosegretario Alfredo Mantovano.  

L'approvazione è stata piuttosto rapida. La lista dei Paesi sicuri diventa norma primaria e “consente ai giudici di avere un parametro rispetto ad un'ondivaga interpretazione”, sintetizza il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, certo che la nuova norma serva a “dirimere un'annosa questione: serve a cercare un'accelerazione della procedura, per fare in modo che il ricorso alla richiesta di protezione non sia per la gran parte strumentalizzato per eludere il sistema delle espulsioni”. 

Nordio, dal canto suo, è convinto che la sentenza della Corte di giustizia europea citata dalle sentenze di Roma sia “molto complessa e articolata, e anche scritta in francese. Probabilmente non è stata ben compresa o ben letta” dai giudici.  

Intanto, fa sapere il governo, le operazioni di trasporto dei migranti in Albania procederanno, e Piantedosi respinge le critiche sui costi sollevate anche dalle opposizioni, con il M5s che ha presentato un esposto alla Corte dei conti.