Quando Carlo Conti ha inaugurato la stagione del Festival di Sanremo 2026, si è avvertito chiaramente un messaggio: questa edizione guarda con fiducia sia al presente sia al futuro della canzone italiana. Con l’annuncio dei titoli delle canzoni dei Big, e con l’ingresso di giovani artisti nella sezione Nuove Proposte come Angelica Bove e Nicolò Filippucci, la kermesse si configura come uno specchio fedele dei molteplici modi in cui la musica italiana riflette i sentimenti, le tensioni e il tempo presente. 

La forza di Sanremo 2026 sta proprio nella varietà degli sguardi: accanto a voci veterane e icone della scena italiana, troviamo interpreti emergenti e artisti che rappresentano sonorità urbane, elettroniche e contemporanee. I 30 Big in gara riuniscono così un ventaglio di linguaggi musicali ricco e trasversale, dalle ballate emotive al rap, dal pop indipendente alle contaminazioni metropolitane. 
Tra i titoli svelati durante la serata di Sarà Sanremo, spiccano già alcuni nomi destinati a diventare protagonisti delle conversazioni musicali dei prossimi mesi. C’è il ritorno intenso di Arisa e la sua Magica favola, una canzone che sembra voler fondere narrativa e sentimento con un linguaggio quasi fiabesco; mentre Chiello propone Ti penso sempre, titolo che annuncia una riflessione sul legame e sulla memoria emotiva. 

Accanto a questi, troviamo Bambole di pezza con Resta con me, un invito alla presenza e alla connessione in un mondo che sembra correre sempre più veloce; AI AI di Dargen D’Amico, che costruisce un ponte tra ironia pop e commento sociale; e Che fastidio di Ditonellapiaga, che gioca con la frizione emotiva e l’immediatezza del linguaggio quotidiano. Nel loro insieme, i titoli dei brani indicano un Festival che parla di identità, relazione, introspezione e contatto con il mondo esterno. Mattone di Angelica Bove (Nuove Proposte), ad esempio, evoca un simbolo di costruzione e radicamento, mentre Laguna di Nicolò Filippucci suggerisce invece fluidità e sospensione, due metafore profonde per una generazione che cerca di definire sé stessa tra stabilità e cambiamento. 

Brani come Prima che di Nayt e Animali notturni di Malika Ayane sembrano esplorare proprio questo confine tra introspezione individuale e osservazione del mondo esterno: il primo invita a prendere consapevolezza del momento presente, il secondo celebra la notte come luogo di contrasti e rivelazioni. 

Allo stesso modo, Il meglio di me di Francesco Renga può essere letto come un dialogo con il sé più profondo, un’esortazione a dare il massimo di sé, mentre Tommaso Paradiso, con I romantici, pare voler ripensare la tradizione melodica italiana guardando con tenerezza alle relazioni umane. Sanremo 2026 non rinuncia nemmeno alle sonorità urbane: Italia Starter Pack di J-Ax gioca con riferimenti alla cultura pop e identitaria, proponendo un commento ironico e tutto contemporaneo; mentre artisti come Luchè, Sayf e Tredici Pietro portano al Festival l’influenza di rap e hip-hop, sottolineando come il linguaggio urbano sia ormai parte integrante della canzone italiana mainstream. 

Non mancano anche pezzi sensibili al pop-soul e alle sonorità elettroniche: Elettra Lamborghini, Serena Brancale e Mara Sattei si muovono su territori melodici capaci di intrecciare sentimenti personali con una produzione musicale di forte impatto contemporaneo.  La lista dei Big include anche voci che hanno segnato la storia della musica italiana. Patty Pravo, icona senza tempo, porta al Festival il peso di una carriera che ha attraversato decenni di cambiamenti culturali mantenendo una forte identità artistica; mentre Raf e Sal Da Vinci rappresentano un legame con la tradizione melodica più classica, arricchito nel tempo da nuove prospettive interpretative. 
Allo stesso modo, artisti come Marco Masini (in coppia con Fedez) e Enrico Nigiotti portano esperienze pluriennali di palco e scrittura, contribuendo a rendere il Festival un luogo di incontro tra generazioni diverse. 

Il tessuto di Sanremo 2026, attraverso i Big e le Nuove Proposte, racconta un’Italia in movimento: attenta alla propria storia artistica ma aperta alle trasformazioni sociali, alle nuove sensibilità e ai linguaggi musicali che nascono e si trasformano con le nuove generazioni. È un Festival che non rinuncia alla propria missione culturale, creando uno spazio in cui ogni brano diventa una piccola mappa di significati, e ogni artista è un narratore di visioni e sentimenti. 

In un momento storico in cui identità e percezione si intrecciano con le tecnologie e le nuove forme di comunicazione, Sanremo resta una piattaforma di riflessione culturale, capace di far dialogare tradizione e innovazione, passato e futuro, sempre attraverso il linguaggio universale della musica.

E sebbene l’organizzazione mantenga il massimo riserbo, secondo ambienti vicini alla produzione, non mancherebbero contatti con grandi nomi della musica italiana che hanno segnato epoche diverse e che potrebbero tornare all’Ariston in veste celebrativa, magari per performance speciali o omaggi a carriere importanti. L’idea sarebbe quella di affiancare questi momenti ‘storici’ a esibizioni più contemporanee, creando un ponte ideale tra passato e presente.

Si vocifera inoltre di ospiti internazionali selezionati, non tanto per la dimensione spettacolare fine a sé stessa, quanto per la capacità di rappresentare una scena musicale affine a quella italiana, soprattutto sul piano cantautorale e pop. Un segnale, questo, della volontà di rendere Sanremo sempre più connesso al panorama europeo.