ROMA - Uniti nella speranza che il cessate il fuoco in Libano tra Israele e Hezbollah regga, nella discussione sui mandati d’arresto emessi dalla Corte penale internazionale nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, i ministri degli Esteri dei Paesi G7 riuniti a Fiuggi hanno trovato una formula comune che conferma di fatto una diversità di vedute. Nella dichiarazione finale hanno ribadito il loro “impegno nei confronti del diritto internazionale umanitario”, affermando che seguiranno “i rispettivi obblighi”.
È il minimo comune denominatore che tiene insieme gli alleati ma che non nasconde le diverse posizioni, in particolare quella americana che non riconosce la Cpi. Lo stesso ministro degli Esteri Antonio Tajani, nella conferenza stampa finale, ha sottolineato “i molti dubbi giuridici” e la difficile “fattibilità” nell’applicazione dei mandati. La discussione c’è stata e ha coinvolto tutti i partecipanti, anche i Paesi arabi (Arabia Saudita, Emirati, Qatar, Egitto e Giordania) invitati da Tajani proprio per avere un confronto più ampio.
“Siamo amici di Israele ma penso che dobbiamo rispettare il diritto internazionale”, aveva affermato in mattinata il titolare della Farnesina. Un rispetto ribadito nella conferenza stampa finale, durante la quale ha tuttavia sottolineato che “bisogna vedere cosa dice il diritto. Bisogna leggere bene le carte e capire quali siano i limiti, ci sono molti dubbi giuridici e poi la fattibilità mi sembra molto teorica”.
Tajani ha continuato dicendo che “Netanyahu non andrà mai in un Paese dove potrebbe essere arrestato. Quindi resta un messaggio politico. Se devo dare un giudizio politico mi sembra molto velleitario e inattuabile l’arresto di Netanyahu, almeno fino a quando sarà primo ministro in carica”.
Molto netto invece l’Alto rappresentante della Politica estera Ue, Josep Borrell, che presentandosi alla stampa, in mattinata aveva esortato i Paesi Ue a rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale. “Se non sostengono la Cpi, allora non ci sarà nessuna speranza per la giustizia”, aveva continuato, ricordando che è un obbligo rispettare le decisioni della Cpi.
“Sappiamo che gli Usa hanno una posizione differente perché non hanno firmato la Convenzione di Roma”, ma “tutti i membri dell’Unione europea l’hanno firmata e non è una cosa su cui si può scegliere. Non si può applaudire quando la Corte va contro Putin e rimanere in silenzio quando va contro Netanyahu”, aveva aggiunto, denunciando un “tipico esempio di due pesi e due misure per cui siamo tanti criticati”, ha concluso Borrell.
A riunire la platea, la speranza per un cessate il fuoco in Libano prima che Benjamin Netanyahu ne annunciasse l’approvazione da parte di Israele. Già prima delle parole del premier dello Stato ebraico, l’accordo sembrava vicino e regnava un cauto ottimismo, in attesa del voto odierno del gabinetto di sicurezza israeliano.
Ci sono sempre le incognite legate a possibili violazioni e alla reazione dello Stato ebraico, oltre all’Iran che pesa all’orizzonte, ma i ministri degli Esteri dei Paesi del G7 hanno espresso con forza la convinzione che “è il momento di concludere un accordo diplomatico”, accogliendo “con favore gli sforzi compiuti in tal senso”. Attenzione è stata posta anche al ruolo delle forze armate libanesi e dell’Unifil, “la cui posizione dovrebbe essere rafforzata”, hanno aggiunto, esprimendo “profonda preoccupazione per i recenti attacchi contro la missione Onu schierata nel sud del Libano. Unità del G7 anche nel sostegno all’Ucraina, espresso al ministro degli Esteri di Kiev Andrii Sybiha, invitato a partecipare ai lavori a Fiuggi.
“Ho ribadito il nostro sostegno all’Ucraina nel 2025 per metterla nelle condizioni di poter trattare in posizione di forza con la Russia”, ha dichiarato Tajani, mettendo l’accento sulla “ricostruzione” ma “anche sull’invio di armi finché ci sarà la guerra”. Nella dichiarazione finale del vertice è stata condannata “nei termini più forti possibili la retorica nucleare irresponsabile e minacciosa della Russia” così come l’uso di “missili balistici” e “il dispiegamento di truppe nordcoreane”, al quale - hanno assicurato - “stiamo lavorando con i nostri partner internazionali per una risposta coordinata”.