FRANCOFORTE - “Il nostro lavoro non è ancora finito”. L’annuncio della presidente della Banca Centrale Europea arrivato martedì scorso da Coimbra, in Portogallo, ha gelato le attese di coloro che speravano in una inversione di tendenza nelle politiche monetarie di Francoforte e sollevato una serie di reazioni contro l’inflessibilità che continua a guidare le scelte dei vertici della Bce, preoccupati per l’alto livello di inflazione.

Christine Lagarde ha infatti escluso “un mutamento sostanziale delle prospettive di inflazione” e ha pertanto avvertito che la Banca Centrale continuerà “a innalzare i tassi a luglio”. Questo perché a giudizio del direttivo di Francoforte “l’impatto complessivo degli incrementi dei tassi decisi a partire dallo scorso luglio, pari a 400 punti base, non si è ancora esplicato a pieno”.

Sebbene dunque la linea sia quella giusta, è il ragionamento di Lagarde, “l’inflazione nell’area dell’euro è troppo elevata e rimarrà prevedibilmente tale per troppo tempo”. Però, ha continuato, “sta cambiando la natura della sfida che pone”. Da una parte ha spiegato, “il tasso di inflazione sta diminuendo con l’attenuarsi degli shock che l’avevano inizialmente sospinto al rialzo e con la progressiva trasmissione dei nostri interventi di politica monetaria all’economia. Tuttavia, gli effetti di tali shock si stanno ancora esplicando, rendendo il calo dell’inflazione più lento e il processo inflazionistico più persistente” e “tale persistenza è riconducile alla propagazione dell’inflazione nell’economia in più fasi, poiché diversi operatori economici tentano di trasmettersi i costi a vicenda”. 

La decisione di alzare i tassi e anche quella di annunciarlo in anticipo non è però piaciuta a molti, a partire dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, che è intervenuto stigmatizzando l’operato della Lagarde. “Non credo che vada in direzione della crescita continuare ad aumentare i tassi di interesse, soprattutto non condivido gli annunci fatti in largo anticipo come fatto oggi da Lagarde - ha detto il ministro italiano esprimendo un sentimento parecchio diffuso -. Noi soffriamo di un’inflazione diversa dagli Usa, è provocata dal costo delle materie prime a causa della guerra, oggi aumentare il costo del denaro significa mettere le imprese in difficoltà. Con i tassi troppo alti si rischia la recessione”.

Una recessione che, sebbene solo tecnica, ha già colpito l’economia più importante dell’Unione, quella tedesca. “Dopo che la crescita del Pil è finita in territorio negativo a fine 2022, ora l’economia della Germania ha registrato due trimestri consecutivi negativi”, ha sottolineato lunedì Ruth Brand, presidente dell’agenzia di statistica federale. Dalle parti di Berlino però, differentemente che a Roma, il supporto alla politica della Bce è totale, visto che il crollo dell’economia tedesca è imputata proprio alla crescita dell’inflazione e all’impatto che questa ha sui consumi delle famiglie, calati dell’1,2% nei primi tre mesi dell’anno.