BERLINO - Non è mai stato un segreto il fatto che le politiche monetarie impostate in questi anni dal presidente della Banca Centrale Mario Draghi, abbiano suscitato sempre la viva opposizione della Germania, e in particolare del presidente della Bundesbank Jans Weidmann, che avrebbe voluto succedere sulla poltrona di Francoforte all’attuale presidente italiano ma si è visto preferita Christine Lagarde.
In particolare i bassi tassi di interesse costituiscono un danno per le banche tedesche e in seno al consiglio direttivo della Bce Weidmann ha raccolto attorno a se una forte ala ostile alle scelte del presidente Draghi. Una fazione che però alla fine è sempre risultata in minoranza e così è stato anche durante l’ultima riunione. L’ulteriore smacco però non è stato preso affatto bene dal numero uno della Bundesbank, il quale stavolta ha avuto al suo fianco, da quanto si apprende, anche i rappresentanti delle banche francesi, che fino ad oggi si erano tenuti un po’ a margine nel duello interno alla Bce tra falchi del rigore e colombe.
“La maggioranza (all’interno del Consiglio Direttivo della Bce, ndr) non è mai stata così ristretta,  - ha affermato Weidmann sul settimanale tedesco Der Spiegel - anche se poi alla fine Draghi ha dato un’altra impressione”. Forte poi dell’attacco pubblico rivolto al presidente della Bce il giorno precedente anche dal capo della Banca centrale olandese, Klaas Knot, Weidmann ha colpito duro: “Dal mio punto di vista, - ha detto - la Bce si è spinta oltre il dovuto, dato che la situazione economica non è veramente negativa”. Ma non solo, perché l’interventismo della Banca Centrale sotto Draghi è, secondo i tedeschi, un rischio concreto per la Germania e favorisce invece i Paesi ad alto debito, come l’Italia. “Ho visto sempre in maniera critica – continua Wiedmann – soprattutto l’acquisto di titoli di Stato in quanto può cancellare la linea di demarcazione fra politica monetaria e fiscale”.
E a bruciare, secondo molti commentatori, tra i quali Philip Stephens sull’autorevole Financial Times, non c’è soltanto la politica monetaria, ma quell’invito fatto da Draghi durante la conferenza stampa “ai Paesi con spazio fiscale” di agire e investire prima che l’Ue entri in recessione. Un invito diretto alla Germania a mettere da parte del politiche di austerità e utilizzare il surplus guadagnato in questi anni per investire massicciamente e salvare l’Europa. Uno stimolo fiscale che però Berlino non attuerà finché non sarà assolutamente costretta a farlo. Per dirla con Sephens, “è ingenuo aspettarsi che la Germania invii i pompieri prima che le fiamme abbiano già appiccato l’incendio”.