MILANO - L’avvocato Liborio Cataliotti, legale di Andrea Sempio, ha fornito aggiornamenti sul lavoro di analisi in corso sulla perizia di Denise Albani, relativa al delitto di Garlasco. Il team difensivo sta studiando meticolosamente il documento, in vista della prossima udienza.
“Stiamo esaminando la perizia Albani riga per riga, mancano una ventina di pagine e contiamo di chiudere il lavoro oggi”, ha dichiarato Cataliotti. Il metodo di analisi è rigoroso, “su ogni passaggio valutiamo se sia condivisibile al cento per cento, solo in parte, oppure se richieda approfondimenti. Abbiamo predisposto una serie di richieste di chiarimento, una decina di domande pacate, non polemiche e non finalizzate a ribaltare l’esito della perizia, e oggi completeremo l’elenco”.
Quanto alle richieste, l’avvocato ha precisato che molte riguardano la necessità di rendere comprensibili alcuni passaggi tecnici: “Ci sono termini chiarissimi per un genetista, ma non per un giudice popolare di una Corte d’Assise. Chiediamo una spiegazione, una semplificazione, un’interpretazione autentica”.
L’avvocato Cataliotti ha voluto chiarire il significato della metafora “pistola ad acqua” da lui utilizzata in precedenza per descrivere la consulenza, spiegando come sia cambiata la percezione del valore probatorio nel tempo. “Quando la prova venne disposta – dice – era stata presentata come quella che avrebbe potuto inchiodare l’assassino, la prova dell’ultimo contatto avuto con l’autore del delitto dalla vittima. Con il senno di allora era una pistola fumante, con il senno di oggi è una pistola ad acqua. Si tratta di una prova totalmente inutile in una prospettiva d’accusa. Ovviamente non è neppure una prova a difesa: è acqua che scorre sotto i ponti”.
Il legale ha sottolineato che l’esito della perizia Albani è in linea con le precedenti valutazioni tecniche. Ha ricordato come, nei diversi passaggi processuali, i periti nominati dai giudici – da De Stefano a Baldi, fino al professor Giardina – siano giunti a conclusioni sovrapponibili: i reperti sono “misti, non individualizzanti, non in grado di stabilire né la natura né il momento del contatto”.
Secondo l’avvocato, un confronto scientifico non è in grado di fornire un esito di assoluta certezza, semplicemente non lo fornisce, “e quando un risultato non è consolidato perché mancano le repliche previste dai protocolli scientifici, la Corte di Cassazione è chiarissima: quel dato non vale come prova. È questo il risultato di questa perizia e questo ci lascia serenissimi, al di là di ogni esercizio di retorica dei non addetti ai lavori”.
In vista dell’udienza del 18, il difensore ha parlato di uno stato d’animo improntato alla curiosità e alla tranquillità: “L’esito è quello che ci aspettavamo. Non recriminiamo, non ci arrabbiamo e non festeggiamo, perché la scienza non è una materia elastica che si piega alle convenienze”.