PAVIA - A quasi diciotto anni di distanza, si cerca ancora l’arma con cui Chiara Poggi fu brutalmente uccisa la mattina del 13 agosto 2007.
Si tratta di un oggetto con cui è stata ripetutamente colpita al volto e alla testa e non più, come hanno stabilito consulenti e periti dopo lunghe analisi, uno contundente a doppio uso tagliente e battente. Forse, un oggetto metallico simile a un attizzatoio per il caminetto.
I carabinieri del nucleo investigativo di Milano, coordinati dalla procura di Pavia, hanno perquisito la casa di Andrea Sempio, indagato per la terza volta, dei genitori, e pure di Mattia Capra e Roberto Freddi, amici suoi e del fratello di Chiara, che tuttavia non sono indagati.
I due, allora diciannovenni, assieme a un altro ragazzo, frequentavano la villetta di Garlasco, teatro di un delitto su cui, sebbene Alberto Stasi sia stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere come unico responsabile, inquirenti e investigatori stanno di nuovo indagando.
E sono ripartiti proprio dalla ricerca di quell’attrezzo, usato per uccidere, che in base a una testimonianza raccolta dal programma tv Le Iene si ipotizza possa essere un utensile a forma di asta.
Con il supporto della protezione civile e dei vigili del fuoco è stato svuotato con idrovore un canale a Tromello, nei pressi della casa dove un tempo viveva la nonna delle gemelle Stefania e Paola Cappa, e per un certo periodo anche il loro fratello maggiore.
Si concentrano lì le ricerche anche in base al racconto reso dal superteste davanti alle telecamere che ha sostenuto di aver visto una donna, ritenuta Stefania Cappa (mai indagata), gettare un oggetto di metallo nel fiumiciattolo. Dichiarazioni che sono state incrociate con quelle, poi ritrattate con un “mi sono inventato tutto”, da Marco Muschitta, un tecnico del gas che aveva detto di aver notato, la mattina dell’omicidio, una ragazza bionda allontanarsi dalla villa di via Pascoli in bicicletta, mentre teneva nella mano destra un attrezzo da camino.
Il sospetto di un eventuale coinvolgimento di una delle due gemelle, già balenato durante i primi accertamenti, è sempre stato scartato, ma ora il nome di una delle due viene rispolverato e accostato a quello di Sempio, nonostante i due non si conoscessero.
Dai tabulati telefonici risulta infatti che nei mesi antecedenti e nelle settimane successive al delitto non ci sono chiamate in entrata e in uscita dal cellulare della ragazza, ora avvocata, con Sempio.
Quanto all’arma presunta, che si ritiene sia stata prelevata da casa Poggi, sono gli stessi genitori di Chiara, “basiti per quanto sta accadendo”, a spiegare che “tutti gli attrezzi del camino ci sono ancora”, mentre non è mai stato ritrovato un martello che mancava.
Nel nuovo fascicolo coordinato dal procuratore aggiunto di Pavia Stefano Civardi e dalla pm Valentina De Stefano, si offre uno scenario alternativo a quello su cui la Cassazione ha messo la parola fine.
Così, mentre dopodomani davanti al gip Daniela Garlaschelli prenderà il via l’incidente probatorio chiesto dai pubblici ministeri che hanno riaperto il caso dopo una relazione presentata dalla difesa di Stasi, e questa mattina gli uomini dell’Arma hanno bussato a casa di Sempio, dei genitori e degli amici, sequestrando tutto quanto può essere utile all’inchiesta.