MILANO - Alessandro Impagnatiello ha premeditato l’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano per “quasi sei mesi”. Lo scrivono i giudici della Corte d’assise nelle motivazioni della condanna all’ergastolo dell’ex barman, sottolineando che l’idea di uccidere la compagna risalirebbe già al dicembre precedente. Quanto accaduto il 27 maggio 2023, quando ha colpito Giulia con 37 coltellate, dopo che lei e la donna con cui aveva una relazione parallela si erano incontrate, “ha determinato una svolta”. È stato in quel momento che Impagnatiello “ha compreso che il castello di bugie con cui aveva tenute entrambe le donne in scacco era crollato”.
Impagnatiello è stato condannato all’ergastolo il 25 novembre 2024 per aver ucciso a coltellate la fidanzata dalla Corte d’assise al termine del processo di primo grado per omicidio volontario pluriaggravato, interruzione di gravidanza non consensuale e occultamento di cadavere. Un’efferatezza, scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza, sancita “non soltanto dai 37 fendenti inferti sul corpo della vittima”, ma dal fatto che “ben 11 di essi siano stati inferti allorché la vittima era ancora viva”, e nonostante fosse in stato avanzato di gravidanza, “e portasse in grembo il figlio dello stesso reo”, si legge. “Non solo: nel momento in cui è stata attinta dai primi fendenti, mentre si trovava ancora in vita e comprendeva che il compagno la stava uccidendo, Giulia ha senz’altro realizzato, sebbene per una manciata di secondi, che insieme con lei moriva anche il nascituro che portava in grembo. Consapevolezza, questa, - scrivono i giudici - che ha senz’altro provocato nella donna una sofferenza ulteriore rispetto a quella provocata dall’aggressione da parte del compagno” mosso da “un odio distruttivo”.
La prima volta che Impagnatiello avrebbe “accarezzato l’idea di sbarazzarsi della compagna “risale, secondo la Corte presieduta da Antonella Bertoja, al 12 dicembre dell’anno precedente, pochi giorni dopo che Giulia gli aveva detto di aspettare un bambino. Quel giorno, infatti, l’ex barman ha digitato online la ricerca “veleno per topi Steflor”. I giudici osservano che “nell’intervallo temporale di quasi sei mesi” da allora al giorno dell’omicidio, Impagnatiello “non ha più abbandonato quel proposito criminoso; anzi lo ha fatto crescere e maturare dentro di sé, mentre in via parallela e speculare si intensificava e consolidava la relazione segreta “con una collega”. “Il pomeriggio del 27 maggio, Impagnatiello non avrebbe soltanto compreso che le due donne si erano “rivelate reciprocamente tutte le menzogne attraverso le quali egli le aveva controllate, manipolate e tenute in scacco come ‘pedine’ sulla fantomatica ‘scacchiera’ narrata con vanto ai periti”, ma ha realizzato anche “di essere diventato, a sua insaputa, lo ‘zimbello’ di tutti i colleghi dell’Armani Caffè” dove lavorava e che “già da una settimana” avevano saputo delle bugie alle due ragazze. Una “presa di consapevolezza” che “lo ha avvilito e mortificato”, ma che al tempo stesso è stata “compensata” da una “rabbia fredda e da una lucida risolutezza che lo ha portato, poche ore dopo, a riaffermarsi e vendicarsi di quel ‘torto’ subito”. È stato allora, secondo i giudici, che l’ex barman ha deciso di “rimodulare il programma criminoso da mesi portato avanti in modo poco efficace” con il veleno, uccidendo Giulia con “modalità nuove ed efferate”.