KHARTUM - Le forze paramilitari di supporto rapido (RSF) in Sudan sono “responsabili di violenze sessuali su larga scala nelle aree sotto il loro controllo”, tra cui stupri di gruppo e rapimenti e detenzioni di vittime in condizioni che equivalgono alla schiavitù sessuale, denuncia un rapporto reso noto dalla Missione di accertamento dei fatti dell’Onu per il Sudan, dove una guerra civile tra esercito e paramilitari è in corso da 18 mesi.
“La portata della violenza sessuale che abbiamo documentato in Sudan è sconcertante”, ha affermato Mohamed Chande Othman, presidente della Missione, istituita dal Consiglio per i diritti umani nell’ottobre 2023. “La situazione affrontata dai civili vulnerabili, in particolare donne e ragazze di tutte le età, è profondamente allarmante e necessita di un intervento urgente”, ha aggiunto citato in un comunicato.
Mentre il rapporto ha documentato anche casi che coinvolgono le Forze armate sudanesi (SAF) e gruppi armati alleati, ritiene che la maggior parte degli stupri e delle violenze sessuali e di genere sono commessi dai paramilitari delle RSF - in particolare nella Grande Khartum e negli Stati del Darfur e di Gezira.
In visita nel Paese, anche la direttrice generale dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM), Amy Pope, che ha descritto una situazione drammatica: “Nel corso di quest’anno il Sudan è stato la più grande crisi di sfollamento al mondo”. Il numero di sfollati ha raggiunto gli 11 milioni e altri 3,1 milioni di persone hanno attraversato i confini per fuggire dai combattimenti. “In totale, quasi il 30% della popolazione sudanese è stata sfollata”, ha detto Pope in un videocollegamento da Port Sudan.