BALTIMORA - Un giudice federale del Maryland ha ordinato al governo statunitense di facilitare il ritorno negli Stati Uniti di Kilmar Armando Ábrego García, cittadino salvadoregno residente da 14 anni nel Paese, che era stato deportato per errore al Cecot, il carcere di massima sicurezza nel Salvador, costruito dal presidente Nayib Bukele per i narcotrafficanti e che ora riceve gli immigrati illegali espulsi dagli Usa e accusati di fare parte dei bande di criminalità organizzata.
La decisione è arrivata il 4 aprile 2025, quando la giudice distrettuale Paula Xinis ha concesso un’ingiunzione preliminare, definendo la deportazione “un atto illegale” e ordinando che García rientri entro le 23:59 di lunedì 7 aprile, scadenza che però è stata rinviata dalla Corte Suprema.
Il caso ha suscitato grande indignazione nella comunità latina del Maryland, dove Ábrego García viveva con la moglie e il figlio di cinque anni, affetto da autismo. Jennifer Stefania Vásquez Sura, la moglie, ha raccontato di aver ricevuto due chiamate improvvise: una dal marito, che le comunicava di essere stato fermato dopo il turno di lavoro, e l’altra dal dipartimento di Sicurezza Nazionale (Dhs), che le concedeva solo dieci minuti per recuperare il figlio lasciato in auto.
Ábrego García era stato etichettato anni fa come presunto membro della gang MS-13, in parte per il suo abbigliamento, accuse che lui nega e da cui si era ripetutamente difeso in Tribunale. Nel 2019 un giudice dell’immigrazione gli aveva concesso lo status di “persona protetta”, impedendo formalmente al governo di deportarlo.
Nonostante ciò, il 12 marzo 2025 è stato espulso senza preavviso verso El Salvador e incarcerato nel famigerato carcere Cecot. “È un incubo – ha dichiarato Vásquez Sura in una deposizione –. I miei figli hanno bisogno di lui”.
L’errore ha generato paura tra molti membri della comunità salvadoregna nel Maryland, compresi residenti con visto o green card, per via di casi come questi in cui il Servizio di controllo dell’immigrazione e dogane (Ice) agisce con logiche più legate alle “quote” che al rispetto del diritto, mettendo in atto veri e propri rastrellamenti.
Gli organismi di difesa dei diritti umani accusano il “contratto” con El Salvador di fomentare le deportazioni anche senza giustificazione legale, dal momento che l’accordo prevede un pagamento da parte degli Stati Uniti per ogni persona inviata al Cecot. Molti genitori temono addirittura di uscire di casa per accompagnare i figli a scuola.
Nel frattempo, la ong Casa sta promuovendo tre leggi statali per limitare l’accesso dell’Ice a scuole e ospedali, proteggere i dati dei residenti e impedire alla polizia locale di agire come agenti federali.